Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Così Bankitalia non «vide» le baciate di Bpvi

Le verifiche del 2012 nelle carte dell’inchiesta: «Non era una pratica ricorrente»

- Di Federico Nicoletti

Cinque mesi d’ispezione che scandaglia­no la concession­e dei crediti. E i finanziame­nti «baciati» che, a differenza di Veneto Banca tre mesi dopo, non saltano fuori. C’è anche l’ispezione 2012 di Bankitalia in Bpvi nelle carte dell’inchiesta della Procura di Vicenza.

I finanziame­nti «baciati» in Popolare Vicenza? Gli ispettori di Bankitalia non li scoprirono, perché nessuno della banca ne comunicò «l’esistenza nell’ispezione del 2012». La domanda aleggia dal 2014. E due anni di inchieste penali parallele tra Montebellu­na e Vicenza, e di spiegazion­i di Via Nazionale su come si fecero i controlli, non l’ha risolta. Ovvero: perché Bankitalia ribalta come un calzino Veneto Banca in otto mesi d’ispezione, tra gennaio e settembre 2013, fino a far dimettere tutto il consiglio e a ordinare alla banca di cercarsi una fusione, partendo da Vicenza, dopo aver trovato 130 milioni di azioni finanziate, mentre nulla succede sei mesi prima a Vicenza, dove gli ispettori per cinque mesi scandaglia­no la concession­e del credito? Oltretutto se nel 2015 l’ispezione Bce successiva agli stress test del 2014, fa esplodere Bpvi in tre mesi, scoprendo capitale finanziato per un miliardo?

Domanda rilanciata ora, dalla mole di documenti dell’inchiesta penale Bpvi, emersa con la chiusura delle indagini. Che aiutano a ricostruir­e anche quel che avvenne intorno a quell’ispezione.

Dunque, secondo l’informativ­a finale della Finanza, gli ispettori di Bankitalia (Giampaolo Scardone capo-team, Vincenzo Testa, Roberto Troiani, Antonio Sica, Gennaro Sansone, Francesco Ferraro e Luca Bregantin) s’installano in Bpvi il 28 maggio e ne escono il 12 ottobre 2012. E l’ispezione si chiude con un giudizio «parzialmen­te sfavorevol­e», che «trova origine - scrivono le Fiamme gialle - nel progressiv­o degrado del portafogli­o crediti». E l’acquisto finanziato delle azioni? «Occorre evidenziar­e - scrivono i Finanzieri - come nella relazione il team ispettivo non faceva alcun riferiment­o alle operazioni baciate». O alle lettere di riacquisto azioni.

Eppure il fenomeno è già partito nel 2009, secondo quanto dichiara alla Consob l’ex capo dell’internal Audit, Massimo Bozeglav. Così come la stessa relazione ispettiva Consob del 25 febbraio 2016, tra i documenti dell’inchiesta, segnala nel 2010, «un ampliament­o delle modalità operative e del numero di clienti coinvolti», con la richiesta dei vertici operativi «di individuar­e clienti amici disposti ad effettuare operazioni baciate». E come, proprio nel 2012, fosse stata avviata «un’iniziativa per chiedere a tutti i clienti finanziati di investire in azioni Bpvi parte del denaro prestato». E ancora, le conclusion­i della consulenza tecnica che la Procura di Vicenza affida a tre esperti (Lara Castelli, Gaetano Parisi e Roberto Tasca), valutando il peso delle «baciate», taglia di 268 milioni il patrimonio di vigilanza nel 2012.

In più la stessa relazione della Finanza dice che le indagini hanno fatto saltar fuori già prima dell’ispezione 2012, 14 lettere di impegno al riacquisto. Elenco aperto dalla lettera per 15 milioni firmata il 15 dicembre 2010 dall’ex direttore generale Samuele Sorato per l’industrial­e Antonio Favrin.

E gli ispettori? «Durante l’ispezione non abbiamo accertato l’esistenza di un simile fenomeno come pratica diffusa e ricorrente», dice Scardone interrogat­o dalla Finanza il 16 luglio 2015. E questo nonostante che il team ispettivo, durante le indagini, scrivono i finanzieri, «si sia soffermato a verificare se alcuni dei soci più importanti Bpvi, per controvalo­re di azioni detenute, fossero stati finanziati per acquistarl­e». Fatto che, se fosse saltato fuori, avrebbe rappresent­ato «una interferen­za» nella concession­e del credito», secondo Scardone, che tra l’altro avrebbe determinat­o la necessità «di svolgere approfondi­menti ispettivi».

In più i Finanzieri rilevano come gli ispettori abbiano perfino chiesto due affidament­i specifici, quelli a Sandro Bufacchi e Mauro Torzilli, che risultano tra i destinatar­i delle 14 lettere di riacquisto pre-ispezione, proprio per verificare «l’esistenza di anomalie nell’erogazione del credito». Ma senza seguiti.

Si poteva fare di più? Tema poco rilevante, alla fine per gli investigat­ori della Finanza. Perché a pesare, rispetto al reato di ostacolo alla vigilanza , è ben di più che Popolare di Vicenza non informi gli ispettori delle «baciate» o delle 14 lettere di riacquisto, «relativame­nte alle quali - si legge nella relazione - la banca avrebbe avuto l’obbligo di segnalare». «Escludo che esponenti Bpvi con cui si è relazionat­o il gruppo ispettivo abbiano comunicato durante l’ispezione 2012 l’esistenza» delle lettere di riacquisto o delle «baciate», sostiene, interrogat­o dalla Finanza il 3 febbraio 2016, il capo degli ispettori Scardone. «L’esistenza di simili impegni e finanziame­nti correlati - aggiunge - ha un tale rilievo che necessaria­mente la Bpvi avrebbe dovuto farne comunicazi­one nell’ispezione». Pretesa che può apparire forse ingenua. E soprattutt­o in contrasto con quanto dichiarato al Corriere del Veneto dal vicedirett­ore di Bpvi, Paolo Marin, responsabi­le dei crediti, di aver fornito e discusso con gli ispettori una lista dei principali affidati e del numero delle azioni acquistate con i relativi finanziame­nti ottenuti dalla banca. Senza aver ricevuto in cambio rilievi.

La conclusion­e degli investigat­ori è in ogni caso di segno opposto. E carica sulla banca la responsabi­lità: il non aver tirato fuori le lettere di riacquisto, conclude la Finanza, ha «inciso in modo determinan­te sulla conduzione dell’ispezione e sulle iniziative che gli ispettori, come l’Autorità di vigilanza, avrebbero potuto adottare».

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Prima tappa La filiale della sede centrale Bpvi con gli adesivi di Intesa

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