Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Da Barcellona alle isole croate, quante crociate contro i cafoni

Nelle altre capitali del turismo non va meglio. Lo studioso: «Stiamo diventando un po’ intolleran­ti»

- Gloria Bertasi

VENEZIA A luglio, a Maiorca, diciannove turisti inglesi hanno pensato che fosse divertente correre nudi per le vie del centro. E così, tolti i vestiti, hanno iniziato a scorazzare in lungo e in largo per l’isola finché la polizia non è intervenut­a. Nella lontanissi­ma Cambogia, nel sito archeologi­co di Angkor Wat, l’anno scorso è comparso un insolito cartello: «Smettetela di farvi selfie nudi». Sull’isola croata di Hvar è, invece, scattato il pugno di ferro: 700 euro di multa per picnic e bivacchi, 600 per un’uscita in abiti da spiaggia, inadatti al centro urbano.

Voli low-cost, auto economiche da noleggiare, promozioni su treni e crociere hanno reso più facile viaggiare. Ma quella che gli esperti chiamano, con accezione positiva, la «democratiz­zazione» del turismo, ha anche un’altra faccia della medaglia: spesso i visitatori sono cafoni.

Non succede solo a Venezia. Non solo tra campi, ponti e calli si trovano viaggiator­i che piazzano tenda o sacco a pelo sui masegni per dormire o si tuffano dai ponti o, novità della stagione, si spogliano e restano in abiti adamitici. Succede in ogni angolo del mondo e ovunque i Comuni introducon­o divieti e ammende (a Maiorca, ad esempio, sono 64 con multe da 100 a 3 mila euro). Le liste di cosa non si può fare nelle città d’arte, mare e montagna sono simili dappertutt­o: banditi i picnic, i graffiti, i bisogni fisiologic­i all’aperto. Come a Venezia.

«È inutile girarci attorno, esiste una fetta di popolazion­e maleducata - dice il professore di Economia del turismo all’Università Ca’ Foscari Jan van der Borg -. Ovunque dove il turismo di massa è cresciuto come a Venezia, Berlino, Bruges o Amsterdam, ci sono problemi di convivenza». Per il docente, non è solo colpa del visitatore poco rispettoso. «I residenti sono stanchi e non tollerano più niente - spiega - servirebbe un po’ di autocritic­a da parte di tutti».

Come risolvere il problema? «Informare a monte, nei paesi di origine, delle regole - dice Mara Manente, direttore di Ciset (Centro internazio­nale di studi sul turismo) - e va promosso un turismo responsabi­le. Detto questo, dove esiste più controllo sociale, dove cioè non c’è spopolamen­to e la città è viva, i problemi sono inferiori». Aggiunge Van der Borg: «La teoria delle finestre rotte vale anche per il turismo: il degrado chiama degrado».

La parola d’ordine, per gli esperti, è gestire i flussi e, soprattutt­o, informarli degli usi e costumi locali. Spesso sono infatti diversi. In Italia, nessuno si spogliereb­be nei parchi, magari, in pausa pranzo, in Germania nei mesi caldi è normale. «Sono olandese, da noi e in generale in tutto il nord Europa, quando arriva il sole ci si mette in costume, ovunque», racconta Van der Borg. Abitudini diverse (togliersi le scarpe nei mezzi pubblici in molti paesi è normale, ad esempio) creano attriti tra abitanti e, per dirla alla veneziana, foresti. Spulciando la rete, si scopre che l’Italia è considerat­a più rigida di altri paesi nelle norme di convivenza sociale e pullulano siti con consigli sulle mise da indossare e come comportars­i per non risultare cafoni. Evidenteme­nte, pochi le leggono.

Van der Borg Dove c’è turismo di massa, ci sono anche cafoni Manente Se le città sono vive e popolate, l’impatto del turismo è minore

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy