Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
L’integrativo? Per i trevigiani è meglio riscuoterlo sotto forma di cure dentali e orari flessibili
Maggiore flessibilità negli orari di lavoro, copertura delle spese sanitarie anche per le cure dentali e per gli occhiali da vista, contributi per far fronte alle tasse scolastiche dei figli. Il welfare aziendale ideale per i dipendenti trevigiani dovrebbe contenere anche queste tre voci fra quelle ritenute più importanti nei casi in cui il contratto integrativo preveda una conversione di parte del salario in fornitura diretta di beni e servizi.
Si tratta di un argomento rispetto al quale la sensibilità di lavoratori ed aziende è in continua crescita grazie all’abbattimento degli oneri fiscali previsto per soluzioni di questo tipo e, dunque, un valore della retribuzione più elevato in termini netti contestuale ad un risparmio di costi da parte del datore. L’indagine su cosa i trevigiani vorrebbero ricevere nella parte non monetaria della loro busta paga è stata condotta dall’istituto di ricerca Nextplora per conto dell’Osservatorio di Unisalute, diramazione della sanità integrativa di Unipol. Il 57% degli intervistati ritiene sia fondamentale la sicurezza di poter far fronte alle spese sanitarie per sé e per i propri congiunti, una voce seguita con il 33% di chi sfrutterebbe volentieri un supporto per l’acquisto dei libri di testo scolastici, per le rette degli istituti o per i compensi della baby sitter. L’attenzione verso l’assistenza agli anziani o comunque alle persone non autosufficienti aumenta con l’avanzare dell’età, fino ad arrivare ad una priorità per il 29% degli over 55.
Le incombenze quotidiane tuttavia non sono marginali. Il 40% degli interpellati vedrebbe volentieri il proprio salario integrativo convertito in buoni benzina o in buoni per l’acquisto di generi alimentari. A Treviso, in ogni caso, pare vi sia un’emergenza dentistica dato che quasi un intervistato su due teme di non poter essere in grado, raggiunta la pensione, di poter far fronte alle spese per tenere in ordine la bocca. Nel resto d’Italia questo si registra appena nel 26% dei casi.
Ma quello che alla fine sta veramente stretto è il rispetto rigoroso degli orari di lavoro. Se il welfare contrattabile con i datori comprendesse l’opportunità di modulare la presenza in fabbrica o in ufficio a seconda delle esigenze familiari ne sarebbe felice il 48% delle lavoratrici donne ed il 35% degli uomini. Un po’ meno, ma con un consenso condiviso fra i sessi pari a circa il 20%, è l’opzione del «telelavoro», ritenuto, se ben gestito, la migliore formula di conciliazione dei tempi produttivi e privati.