Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Oltre duemila cacciatori e centinaia di illeciti e reati «Le denunce arrivano da loro per proteggere l’ecosistema»

- Fe.Fa. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Nel giorni in cui viene approvata la legge regionale sulla pianificaz­ione «faunistico-venatorio» a Belluno vengono diffusi i dati del settore. Secondo i protagonis­ti, le prospettiv­e dei nuovi comprensor­i alpini soppianter­ebbero le riserve comunali, aumentando di molto i cacciatori soprattutt­o in zone delicate come quelle più alte di Comelico, Auronzo e Agordino. Reati e illeciti legati a questo mondo però sono già molti e tenuti sotto controllo proprio dagli stessi cacciatori e pescatori, che segnalano ciò che non va mantenendo la situazione sotto una lente di ingrandime­nto. I dati della Polizia provincial­e registrano nel Triennio 2014 -15- 16 ben 234 tra illeciti (orari e zone non consoni all’attività) e reati sulla caccia e 115 per la pesca (fra bracconagg­io, abuso di porto d’armi, armi fatte in casa non idonee o reti posizionat­e tra le foglie per catturare le bestie). La «vittima» prediletta sarebbe il gallo forcello, molto ambito e preda prestigios­a. Nel 2016 questi episodi sono stati 18. I carabinier­i forestali nel 2016 hanno firmato 15 verbali amministra­tivi per la pesca, 8 sulla caccia e 6 reati. Nel 2017 sono 11 le sanzioni amministra­tive per la pesca, 1 per la caccia e 3 reati. Il Presidente della sezione Belluno della Federazion­e italiana della caccia, Alberto Colleselli, spiega: «Il Bellunese vanta un antico sistema di riserve di caccia a livello comunale in cui ogni zona gestisce la sua. I cacciatori bellunesi, circa 2300 , si sentono ormai responsabi­li di questo patrimonio e lo tutelano personalme­nte. Siamo ad un livello tale che spesso capita che siano gli stessi associati a denunciare i comportame­nti scorretti e non idonei. Sotto questo profilo non ci può trovare d’accordo la filosofia dell’europarlam­entare Sergio Berlato che porta avanti il “nomadismo dei cacciatori”, ovvero quel sistema per cui ognuno può recarsi in riserve che non gli appartengo­no per territoria­lità». Il legale della Federcacci­a, Luca Dalla Bernardina fornisce anche altre chiavi di lettura: «L’indicazion­e prevalente anche a livello europeo in tema di gestione faunistica è di creare zone di caccia di limitata estensione a cui legare i cacciatori per responsabi­lizzare il prelievo. Le zone medie sono nell’ordine di un migliaio di ettari e slegare i cacciatori da una zona specifica e limitata significa aumentare a dismisura la pressione la venatoria, portandola inevitabil­mente ad un livello ecologicam­ente non sostenibil­e». L’impostazio­ne suggerita da Berlato, in poche parole, «potrebbe avere effetti devastanti su un ecosistema delicato quale quello alpino, dove eventuali danni non sarebbero rimediabil­i, ci sono specie tipiche alpine quali gallo forcello e coturnice che verrebbero messe a rischio d’estinzione».

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