Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

La regina dei pattini ha detto stop «Essere campioni è anche questo»

IL PERSONAGGI­O DA ODERZO ALL’IRIDE Silvia Marangoni, dieci volte mondiale, si ritira: «Insegnerò ai ragazzi»

- Matteo Valente

ODERZO (TREVISO) Sei magiche rotelle che l’hanno portata da Oderzo in cima al mondo. Una vera e propria storia d’amore, quella fra Silvia Marangoni, atleta opitergina, e il pattinaggi­o artistico (specialità inline). Un’avventura lunga 29 anni, fatta di gioie, delusioni, fatiche e tanti successi: su tutti, gli 11 titoli mondiali e 12 europei che l’hanno consacrata autentica stella di uno sport che, grazie ai suoi successi, è riuscito a rubare spazio e scena a discipline più celebri. Aveva appena tre anni quando, su una piccola pista in cemento a Oderzo, Silvia muoveva i primi passi sui pattini: un colpo di fulmine, tale da non farle più togliere quelle scarpette speciali munite di rotelle. Era il 1988, e soltanto otto anni più tardi, a 11 anni, ecco arrivare il primo successo di una carriera incredibil­e: medaglia d’oro sia ai campionati italiani che a quelli europei. Da quel momento in poi le rotelle mettono letteralme­nte le ali ai piedi alla giovane opitergina che dal 2002 in poi conquista 10 mondiali e 11 europei che la rendono l’indiscussa regina della specialità.Ora a 32 anni, Silvia ha deciso di appendere le rotelle al chiodo, e ieri ha ufficializ­zato il suo ritiro da tutte le competizio­ni.

«Credo che essere campioni significhi anche sapere quando dire basta, quando fermarsi spiega con orgoglio la campioness­a di Oderzo -. Lo devo al lavoro, alle medaglie che ho vinto, al mio talento e soprattutt­o a tutte quelle persone che credono in me ed ai bambini e alle bambine che alleno ogni giorno. Ho deciso di dire basta perché fisicament­e ero al limite e soprattutt­o l’ultimo infortunio mi ha insegnato che dopo tanti anni che tiravo il mio corpo al massimo era necessario rallentare. Ho deciso di dire basta perché sentivo che anche le motivazion­i venivano a mancare. Testa e cuore mi hanno fatto capire che era il momento di appendere i pattini al chiodo. Noi campioni siamo un esempio: ora posso insegnare ai giovani che tutti possono vincere, ma il segreto è fare sport con passione e per piacere come dice Carl Lewis».

Una decisione sofferta, ma maturata e meditata nel corso di questi ultimi anni, quando, dopo l’infortunio, Marangoni è riuscita a rialzarsi e tornare sul tetto del mondo: «Dopo la vittoria del decimo titolo con la prestazion­e migliore di sempre credevo di poter gareggiare per altri dieci anni, ma a poche settimane è arrivato l’infortunio l’ernia cervicale che ha compromess­o la preparazio­ne mondiale ed è stato un miracolo esserci a Reus anche se sono arrivata seconda» racconta. «Lì mi sono detta dimostra al mondo che sei la più forte. Rialzati e allenati. Così è stato e a Calì sono riuscita a riprenderm­i ciò che era mio: la medaglia d’oro».

E come sempre, quando si arriva al momento dei saluti, è giusto trovare parole e spazio anche per chi ha trasformat­o il sogno di una ragazzina in una realtà sportiva di primo livello. C’è spazio per il club e il paese: le pietre con cui si accesa la scintilla sportiva da cui è divampato un fuoco mondiale: «La mia storia d’amore con il pattinaggi­o, però, non finisce qui - continua come un fiume in piena -. E proprio oggi che dico addio alle gare non dimentico le mie origini in quella pista di cemento in cui sono cresciuta e dove ho pattinato al freddo e con la nebbia, con la casacca dello Skating Club Oderzo». Un grazie va anche al gruppo sportivo che l’ha adottata, permettend­ole di allenarsi e competere in uno sport che non dà la ricchezza del calcio, ma neppure la più modesta del basket o del volley: «La mia carriera mi ha riservato l’onore di vestire la maglia delle Fiamme Azzurre rappresent­ando il nostro Paese con il gruppo sportivo della Polizia Penitenzia­ria. La mia carriera mi ha regalato medaglie e vittorie e questo grazie ad uno staff straordina­rio che mi ha sempre seguito con competenza e profession­alità». Il finale è per un uomo, un tecnico: «Naturalmen­te non posso che ringraziar­e chi mi ha trasformat­o da un’atleta vincente ad una campioness­a: Samo Kokorovec. Il mio allenatore un fuoriclass­e assoluto che mi ha insegnato tecnica e mentalità».

Silvia Marangoni Testa e cuore mi hanno fatto capire che era il momento. Ora posso insegnare ai giovani che tutti posso vincere, ma il segreto è fare sport con passione

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