Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
L’ira della madre: «Gesto da vigliacchi»
Morfina nel ciuccio, la paura e poi la rabbia. «Dolore immenso. Un’odissea, chiederemo i danni»
VERONA «È da vigliacchi prendersela con un neonato». È ancora sconvolta, la mamma del piccolo al quale è stata somministrata della morfina mentre era ricoverato al Policlinico di Verona. Per la procura, la responsabilità è di una infermiera che avrebbe «drogato» il bambino perchè piangeva. Il padre e la madre ora chiedono giustizia e, attraverso i loro avvocati, hanno inviato una richiesta di risarcimento danni all’ospedale. «Ora nostro figlio sta bene, ma non sappiamo se ci saranno conseguenze a lungo termine. I bambini non si toccano».
Come sta suo figlio?
«Meglio per fortuna. Sembra stare bene, per ora almeno...».
Per ora?
«Abbiamo consultato un esperto, ci dice che occorrerà attendere il compimento del primo anno per escludere che la sostanza che gli hanno somministrato abbia causato dei danni permanenti...».
Il suo è uno strazio infinito. Ha 29 anni, fa l’impiegata e abita in un appartamento a Verona con il suo compagno, un operaio trentaseienne. Sono i genitori del bimbo di cinque mesi al quale hanno somministrato della morfina nel reparto di Pediatria neonatale del policlinico di Borgo Roma. Il neonato è entrato in «overdose» la notte tra il 19 e il 20 marzo e le indagini della squadra mobile hanno portato, mercoledì, all’arresto dell’infermiera Federica Vecchini, accusata di lesioni gravi e cessione di sostanza stupefacente. In pratica, secondo la procura, gli avrebbe somministrato la morfina per farlo smettere di piangere. «È un bambino rognoso», si sarebbe lamentata con una collega.
E a distanza di quattro mesi, la mamma e il papà di Christian sono ancora sconvolti.
Come ha scoperto che suo figlio ha rischiato di morire?
«L’ho saputo solo il lunedì mattina, cioè il 20 marzo. Io e il mio compagno eravamo particolarmente felici: nostro figlio era nato prematuro ma dopo venti giorni di ricovero sembrava pronto per essere dimesso e portato a casa. Invece verso le 11 sono andata all’ospedale di Borgo Roma dove era ricoverato. Volevo vederlo, tenerlo un po’ in braccio. invece, mentre mi stavo preparando per entrare in reparto, mi ha bloccata una dottoressa, dicendomi di non spaventarmi ma che era stato necessario trasferire nostro figlio in terapia intensiva perché durante la notte aveva avuto un arresto respiratorio... Quella parola, “arresto”, mi ha lasciata in stato di choc. Sono subito scoppiata a piangere, non riuscivo neppure a parlare».
Quali spiegazioni le ha dato la dottoressa?
«Quando le ho domandato il motivo dell’accaduto, mi ha risposto che non lo sapevano, che non riuscivano a capire cosa fosse successo e che erano in corso degli accertamenti. Le ho chiesto di vedere mio figlio e mi hanno accompagnato da lui. Mi sembrava di vivere un brutto incubo: fino alla sera prima non aveva alcun tipo di problema».
Lei e il suo compagno che idea vi eravate fatti?
«Non si può esprimere il dolore immenso che si prova nel momento in cui ti arriva addosso una notizia del genere. Eravamo confusi. Ad ogni modo, dopo due giorni siamo stati chiamati dal primario e insieme al responsabile del reparto ci hanno comunicato la notizia che nostro figlio aveva avuto un arresto respiratorio a causa della presenza inspiegabile di oppiacei. Io e il mio compagno siamo rimasti sconvolti. Abbiamo aspettato le sue dimissioni, il venerdì successivo, e poi ci siamo rivolti all’avvocato Christian Galletta, che si è subito attivato. Siamo stati convocati in questura a Verona e a quel punto abbiamo chiamato anche un secondo legale, il penalista Michele Fiocco. E abbiamo sporto denuncia».
La mamma/1 Non si può descrivere il dolore immenso che si prova quando ti arriva addosso una notizia del genere Eravamo confusi La mamma/2 Chiunque sia il colpevole, va punito. Fatti come questo non devono mai più accadere: i bambini non si toccano, anche se piangono e strillano
Quando avete capito che sospettavano dell’infermiera?
«Non abbiamo mai saputo di quei sospetti. C’era stato solo detto, dall’azienda ospedaliera, che era stata avviata un’indagine interna per fare chiarezza, affinché fosse trova-
to il colpevole. Non potevamo immaginare che il responsabile potesse essere tra il personale. L’unica cosa che sapevamo, perché nei giorni di visita li vedevo, era che medici e infermieri che lavorano in quel reparto sono tanti e si turnano. Ma da giugno, quando abbiamo sporto denuncia alla polizia, non abbiamo più avuto alcun tipo di informazione. Solamente nel pomeriggio di mercoledì la questura ci ha informati dell’arresto».
Secondo la polizia, è stata un’infermiera a somministrare la morfina a suo figlio...
«Penso che chi decide di esercitare il mestiere di infermiere debba essere consapevole dell’attività che andrà a svolgere. È un lavoro duro, io e il mio compagno questo lo capiamo. Ma niente giustifica un fatto così grave. Tra l’altro, quella donna avrebbe definito mio figlio “rognoso”. Come dovrebbe comportarsi un bimbo che ha un mese di vita? Ciò che ha fatto non è giustificabile in alcun modo: è da vigliacchi prendersela con un neonato, con chi non si può difendere...».
Nei confronti dell’ospedale i vostri avvocati hanno già annunciato una causa civile chiedendo un risarcimento danni. Sul fronte penale, invece, resta da capire se reggeranno le accuse rivolte a Federica Vecchini.
«Chiediamo sia fatta luce su questo caso. Io e il mio compagno vogliamo solo giustizia e un po’ di serenità. Abbiamo avuto paura che nostro figlio potesse non farcela, e ancora oggi non sappiamo se quello che gli è accaduto possa avere delle conseguenze a lungo termine. Speriamo che le indagini facciano il loro corso e che il colpevole, chiunque sia, venga punito in modo che non possa più fare del male. Fatti come questi non devono accadere più, i bambini non si toccano... anche se piangono e strillano».