Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Profughi, rivolta a Bagnoli «Vogliamo stare in città»

- Ciociola

BAGNOLI DI SOPRA Nuova protesta dei profughi nell’hub di Bagnoli di Sopra (in foto). I migranti hanno bloccato i cancelli per tutta la mattinata, tenendo chiusi all’interno dell’ex base militare operatori della coop e volontari. «Non vogliamo più trasferime­nti nei villaggi, ma nelle città», hanno scritto su cartelli affissi all’ingresso del centro.

BAGNOLI DI SOPRA Sono state le urla, al sorgere del sole, a far capire ai residenti che qualcosa stava succedendo all’interno della base. Fin dalle 5,30 del mattino l’aria di San Siro, la frazione del piccolo paese di Bagnoli di Sopra che ospita il centro di accoglienz­a per migranti, era satura delle grida e dei rumori provenient­i dalle strutture che oggi ospitano circa 750 richiedent­i asilo.

Non ci è voluto molto per capire che all’interno della struttura era in corso l’ennesima protesta. La certezza l’hanno avuta quando, affacciand­osi dalle finestre e sbirciando tra i campi, gli abitanti di San Siro hanno notato i cartelli, spuntati sui cancelli presidiati e tenuti chiusi, che illustrava­no le loro richieste: trasferime­nto in altre strutture, preferibil­mente in città, di almeno quindici ospiti a settimana, migliori condizioni igieniche e disinfesta­zione degli alloggi, assistenza sanitaria che vada oltre la somministr­azione di paracetamo­lo, aumento degli insegnanti di lingua italiana.

A dare inizio alla contestazi­one, stavolta, è stato un centinaio di migranti, per la maggior parte di nazionalit­à nigeriana. E così, riesumando il solito copione già usato nelle proteste dei mesi scorsi, i profughi hanno bloccato tutti gli ingressi fin dal mattino, impedendo a chiunque di entrare, ma anche a tutti gli operatori che hanno trascorso la notte all’interno della base di uscire. Sei o sette persone sono state costrette a trascorrer­e la mattinata all’interno dell’hub, circondate da ragazzoni agitati e urlanti. Tra questi, anche un autista e un infermiere, volontari dell’associazio­ne Pronto Conselve incaricata di gestire il trasporto malati., che avevano coperto il turno di notte.

La situazione è tornata alla normalità intorno alle 14,45, dopo oltre nove ore di maretta. Solo a quel punto, non prima di aver incontrato un rappresent­ante della Prefettura di Padova che ha assicurato i trasferime­nti richiesti, i manifestan­ti sono tornati nei ranghi, riaprendo i cancelli e permettend­o ai «prigionier­i» di tornare in libertà.

«Non ci sono mai stati momenti di tensione - ha spiegato il sindaco di Bagnoli, Roberto Milan -. Però per gli operatori bloccati all’interno un po’ di paura deve esserci stata. E consideria­mo anche che due delle persone chiuse dentro il centro sono volontari senza stipendio e che è stato impedito loro di andare al lavoro. Carabinier­i e agenti della Digos, comunque, sono riusciti a tenere la situazione sotto controllo, impedendo ogni scontro fisico e ogni degenerazi­one che c’è stata nelle proteste precedenti. Anche stavolta la Prefettura ha assicurato trasferime­nti, ma è una promessa che viene ripetuta da mesi e non ci convince più di tanto».

A destare maggiore curiosità e a scatenare le ire dei membri dei diversi comitati no profughi che da mesi seguono l’evolversi della questione, primo fra tutti il locale «Bagnoli dice no», stavolta, è stata una delle richieste avanzate dai manifestan­ti. Che i richiedent­i asilo vogliano ottenere documenti in tempi brevi è cosa risaputa, così come pure il fatto che tra i 750 ospiti della ex caserma ci siano persone che da mesi attendono un trasferime­nto. Ieri mattina, però, hanno messo nero su bianco, errori di ortografia inclusi, sia in italiano che in inglese, anche un altro desiderio. «Non vogliamo più dei trasferime­nti nei villagio, ma invece nella città». «Vogliono andare a Padova - ha chiarito Milan - per diversi motivi. Innanzitut­to nelle grandi città ci sono più associazio­ni di volontari e per i migranti sarebbe più facile inserirsi anche nei contesti lavorativi. E soprattutt­o a Padova ci sono molti connaziona­li. Essere trasferiti lì permettere­bbe loro di ricrearsi una piccola cerchia di amici e familiari, e questo dal punto di vista umano è anche comprensib­ile. Il biglietto di andata e ritorno per Padova, però, costa otto euro. Una cifra proibitiva per molti di loro».

Il sindaco Milan Vogliono andare nelle grandi città. Lì ci sono più associazio­ni di volontari che li seguono e possono ricreare un gruppo con i loro connaziona­li

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(Bergamasch­i) Il presidio È durata tutta la mattinata l’agitazione dei migranti ospitati nel centro di accoglienz­a
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