Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

LA LINEA DEI DEM IL PD DEI «SÌ, MA» CHE EVAPORA

- di Umberto Curi

La recente riunione della Direzione regionale del Pd, dedicata alla posizione da assumere in occasione del referendum sull’autonomia del Veneto, fotografa..

La recente riunione della Direzione regionale del Pd, dedicata alla posizione da assumere in occasione del referendum sull’autonomia del Veneto, fotografa meglio di ogni altra possibile descrizion­e la condizione patetica nella quale versa – e non solo da ieri – la maggior forza politica della sinistra. La decisione non era semplice, ed era diventata ancor più complicata per le oscillazio­ni, le ambiguità, i continui rinvii che si erano manifestat­i da alcuni mesi a questa parte. Ridotta all’osso, si trattava di decidere se regalare a Luca Zaia, promotore dell’iniziativa, una clamorosa affermazio­ne politica, ribadendo ancora una volta la subalterni­tà del Pd rispetto alla Lega. Ovvero prendere la distanze dal Governator­e del Veneto votando no, con ciò tuttavia allontanan­dosi vistosamen­te dall’orientamen­to di una pubblica opinione favorevole all’autonomia con percentual­i schiaccian­ti. Anche uno sprovvedut­o capirebbe che l’imbarazzo nella scelta fra due ipotesi, entrambe in modi diversi perdenti, è la conseguenz­a necessaria di una linea politica fallimenta­re, presumibil­mente destinata nel prossimo autunno a far registrare un’ulteriore cocente sconfitta politica. Si raccoglie ora ciò che si è seminato nel passato, prossimo o remoto. O, più esattament­e, ci si trova ora a misurare concretame­nte le conseguenz­e di un lungo ciclo di vero e proprio nullismo politico, durante il quale si è lavorato a distrugger­e sistematic­amente la presenza organizzat­a del Partito nel territorio, fallendo regolarmen­te tutti gli obbiettivi che pure sembravano essere a portata di mano. Un solo esempio concreto, fra i molti possibili, per comprender­e la gravità di questa bancarotta. Alle elezioni regionali della primavera del 2015, la candidata del centrosini­stra, Alessandra Moretti, otteneva 503.147 voti, pari al 22,74%, meno della metà dei suffragi - 1.108.065, voti, pari al 50,08% - conquistat­i dal candidato del Carroccio. Questo risultato, di per sé ben più che allarmante, diventa poi perfino catastrofi­co se viene confrontat­o con i dati delle elezioni europee dell’anno precedente, quando il PD, da solo, aveva ottenuto 899.723 voti, pari al 37,5%. Il che vuol dire che, nel giro di pochi mesi, il potenziale elettorale si era pressochè dimezzato, con un tonfo che non ha riscontri con gli esiti di altre regioni. Ebbene, in presenza di una situazione a dir poco drammatica, quando sarebbe stato necessario un immediato ricambio del gruppo dirigente regionale, palesement­e responsabi­le della debacle, accompagna­to da una radicale riformulaz­ione della linea politica, ciò che si è riuscito a fare ha dell’incredibil­e. Accampando i pretesti più inverosmil­i, si è di fatto congelata la situazione per quasi due anni, ponendo le premesse per ulteriori sconfitte politiche, quale quella che immancabil­mente si verificher­à in occasione del referendum. Tanto per non smentire una ormai lunga tradizione di minoritari­smo culturale, la direzione regionale del Pd ha ora solennemen­te deciso di non decidere. Si voterà sì, ma col broncio. Si approverà la richiesta di autonomia, ma senza esultare. Ci si metterà alla mercè di Zaia, ma chiedendog­li il favore di non infierire su un partito orma completame­nte allo sbando. Ciò che maggiormen­te preoccupa, nello scenario ora abbozzato, e che anche irrita, è dover constatare quanto i dirigenti regionali dei democrat abbiano perso ogni contatto con la gente, e con la realtà di questa regione. E credano, probabilme­nte in buona fede, che la proposta di votare l’equivalent­e di un «sì, ma», o un «forse», in un referendum che prevede l’alternativ­a secca fra «sì» e «no», possa essere capita e apprezzata dai cittadini di questa regione.

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