Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
LA LINEA DEI DEM IL PD DEI «SÌ, MA» CHE EVAPORA
La recente riunione della Direzione regionale del Pd, dedicata alla posizione da assumere in occasione del referendum sull’autonomia del Veneto, fotografa..
La recente riunione della Direzione regionale del Pd, dedicata alla posizione da assumere in occasione del referendum sull’autonomia del Veneto, fotografa meglio di ogni altra possibile descrizione la condizione patetica nella quale versa – e non solo da ieri – la maggior forza politica della sinistra. La decisione non era semplice, ed era diventata ancor più complicata per le oscillazioni, le ambiguità, i continui rinvii che si erano manifestati da alcuni mesi a questa parte. Ridotta all’osso, si trattava di decidere se regalare a Luca Zaia, promotore dell’iniziativa, una clamorosa affermazione politica, ribadendo ancora una volta la subalternità del Pd rispetto alla Lega. Ovvero prendere la distanze dal Governatore del Veneto votando no, con ciò tuttavia allontanandosi vistosamente dall’orientamento di una pubblica opinione favorevole all’autonomia con percentuali schiaccianti. Anche uno sprovveduto capirebbe che l’imbarazzo nella scelta fra due ipotesi, entrambe in modi diversi perdenti, è la conseguenza necessaria di una linea politica fallimentare, presumibilmente destinata nel prossimo autunno a far registrare un’ulteriore cocente sconfitta politica. Si raccoglie ora ciò che si è seminato nel passato, prossimo o remoto. O, più esattamente, ci si trova ora a misurare concretamente le conseguenze di un lungo ciclo di vero e proprio nullismo politico, durante il quale si è lavorato a distruggere sistematicamente la presenza organizzata del Partito nel territorio, fallendo regolarmente tutti gli obbiettivi che pure sembravano essere a portata di mano. Un solo esempio concreto, fra i molti possibili, per comprendere la gravità di questa bancarotta. Alle elezioni regionali della primavera del 2015, la candidata del centrosinistra, Alessandra Moretti, otteneva 503.147 voti, pari al 22,74%, meno della metà dei suffragi - 1.108.065, voti, pari al 50,08% - conquistati dal candidato del Carroccio. Questo risultato, di per sé ben più che allarmante, diventa poi perfino catastrofico se viene confrontato con i dati delle elezioni europee dell’anno precedente, quando il PD, da solo, aveva ottenuto 899.723 voti, pari al 37,5%. Il che vuol dire che, nel giro di pochi mesi, il potenziale elettorale si era pressochè dimezzato, con un tonfo che non ha riscontri con gli esiti di altre regioni. Ebbene, in presenza di una situazione a dir poco drammatica, quando sarebbe stato necessario un immediato ricambio del gruppo dirigente regionale, palesemente responsabile della debacle, accompagnato da una radicale riformulazione della linea politica, ciò che si è riuscito a fare ha dell’incredibile. Accampando i pretesti più inverosmili, si è di fatto congelata la situazione per quasi due anni, ponendo le premesse per ulteriori sconfitte politiche, quale quella che immancabilmente si verificherà in occasione del referendum. Tanto per non smentire una ormai lunga tradizione di minoritarismo culturale, la direzione regionale del Pd ha ora solennemente deciso di non decidere. Si voterà sì, ma col broncio. Si approverà la richiesta di autonomia, ma senza esultare. Ci si metterà alla mercè di Zaia, ma chiedendogli il favore di non infierire su un partito orma completamente allo sbando. Ciò che maggiormente preoccupa, nello scenario ora abbozzato, e che anche irrita, è dover constatare quanto i dirigenti regionali dei democrat abbiano perso ogni contatto con la gente, e con la realtà di questa regione. E credano, probabilmente in buona fede, che la proposta di votare l’equivalente di un «sì, ma», o un «forse», in un referendum che prevede l’alternativa secca fra «sì» e «no», possa essere capita e apprezzata dai cittadini di questa regione.