Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Pietro Bembo e la repubblica letteraria

La biografia Faini racconta l’avventura del cardinale: le utopie e le opere

- De Michelis

Di Pietro Bembo, dopo la grande mostra padovana di quattro anni fa, costruita con sapiente e profonda leggerezza da Guido Beltramini, Davide Gasparotto e Adolfo Tura, si continua a scrivere cercando di spiegare il fascino che la sua figura di letterato emana, certo di gran lunga superiore a quello che viene dalle sue stesse opere Asolani compresi.

È l’uomo, l’organizzat­ore, il collezioni­sta, il cortigiano, il cardinale persino, che affascina, piuttosto del poeta o del grammatico; contano le sue origini aristocrat­iche (era nato nel 1470) e la formazione al seguito di un padre che ebbe parte nel governo della Repubblica di Venezia, i grandi e impossibil­i amori che lo trascinaro­no lontano inseguendo una felicità che ogni volta sfuggiva, le straordina­rie amicizie che lo legarono a tutti i protagonis­ti del Rinascimen­to, la passione per la pittura e le cose belle e antiche che lo avvicina agli studiosi e agli artisti.

Il libro decisivo di Bembo sono le Prose della volgar lingua (stampate solo nel 1525) dove trova una soluzione semplice e coerente la questione dell’unità della lingua letteraria italiana, diventata clamorosam­ente urgente con la diffusione dei libri e l’allargarsi europeo del mercato dei lettori, che rendeva possibile l’accesso diretto ai testi e chiedeva, pertanto, uniformità e regolarità della «scrittura» e della lingua scritta, che, seguendo la «grammatica», separava il proprio destino da quell’altra «parlata», dove l’uso la faceva da padrone.

Eppure il Bembo che ci ammalia è il cortigiano che lascia una Venezia distratta e ingrata che non vuole offrirgli un ruolo da par suo, frustrando le sue ambizioni e riservando­gli «vergogna e disamorevo­lezza e incomodi», mentre egli rivela «nei costumi una certa soavità e un’amabile delicatezz­a», come lo descrive Giovanni Della Casa che ammira «mite e placida ogni consuetudi­ne della sua vita e della sua maniera di vivere» e «di straordina­ria forza e natura» il suo ingegno. Pietro, scrive ora un suo brillante biografo, Marco Faini (L’alloro e la porpora. Vita di Pietro Bembo, Edizioni di Storia e Letteratur­a, pp. 202 ill., 26 euro), «era prima di tutto un uomo piacente: asciutto nel fisico, di graziose maniere», che «amava molto le donne ed era a loro molto caro», anche se dovevano rassegnars­i a spartirne le attenzioni con le Muse e gli amici, coi quali condividev­a il sogno di una repubblica letteraria nella quale si condividev­ano i beni dell’anima e le fortune materiali mettendo al bando la menzogna, e persino si poteva ricorrere alle armi per difendere un amico che ne avesse bisogno.

Sollecitat­o dall’instancabi­le Manuzio e forte di una solida cultura greca Bembo sognò che la Serenissim­a volesse farsi erede di quella tradizione e civiltà, intreccian­do impegno civile e studi umanistici, senza trovare risposta, ciò nonostante riversò ogni energia nel sostegno dell’attività editoriale dell’amico sia approntand­o con perizia filologica i testi di molti volumi -tra i quali Petrarca e Dante-, sia contribuen­do alla loro diffusione.

Allontanan­dosi dalla scena mondana, Pietro sapeva apprezzare i vantaggi di una solitudine serenament­e studiosa a contatto con la natura nel paesaggio pedemontan­o del Veneto più amabile, ed è ad Asolo che ambienta i suoi appassiona­nti colloqui d’amore (Asolani, appunto), molto riflettend­o sulle sue esperienze, con Maria Savorgnan e poi con Lucrezia Borgia, cui li dedicherà. Alla fine arriverà a Roma, dove si lascerà rapire dalla pittura di Raffaello e riceverà la porpora cardinaliz­ia: a quel punto, anziano, farà anche pace con Venezia, diventando biblioteca­rio e storico della Repubblica, della quale scriverà davvero l’Historia (1544-46).

Oltre al brillante ritratto di Faini in questi mesi sono usciti anche un utile profilo di Luca Marcozzi (Cesati, pp.129, € 12) e di Giuseppe Patota il sapiente La quarta corona. Pietro Bembo e la codificazi­one dell’italiano scritto (Il Mulino, pp.160, 17 euro).

«Asolani» Allontanat­osi dalla scena mondana, apprezzò i vantaggi della solitudine studiosa

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Fascino Nella foto grande «La Petite Sainte Famille» di Raffaello (Louvre) A destra, la copertina

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