Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
La moglie di una vittima: «Refrontolo, una fatalità ma aspetto la sentenza»
TREVISO Fatalità. Era questa la parola utilizzata, a pochi giorni di distanza da quel 2 agosto del 2014, da Michela Biz Da Re, moglie di una delle quattro vittime di Refrontolo, Fabrizio Bortolin, per descrivere quanto successo al marito quella drammatica sera di tre anni fa. E’ stata una fatalità che quella sera il torrente Lierza fosse straripato, scaricando la sua forza di acqua, fango e alberi sulla piccola località di Molinetto della Croda. Una fatalità che una manifestazione, la «Festa dei Omi», tenutasi per anni a Farra di Soligo, si fosse spostata proprio per quell’anno accanto al Molinetto, con i suoi tendoni. Una fatalità che quattro persone, Maurizio Lot, 48 anni di Refrontolo, Luciano Stella, cinquantatreenne di Pieve di Soligo, l’ex falegname di Falzè Giannino Breda, 67 anni, e appunto Fabrizio Bortolin, 47 anni di Santa Lucia di Piave, perdessero la vita, trascinate dall’ondata della piena. E questa parola Michela Biz Da Re, come pure i suoi familiari, continua ad usarla anche a distanza di anni da quando ha perso il marito ed è rimasta da sola a crescere una bimba che all’epoca aveva un anno e mezzo. Una posizione che, non l’ha portata a intentare una causa civile contro Comune e Pro Loco, organizzatori della festa.
Eppure quando ha saputo che diecimila persone hanno firmato una petizione per chiedere una legge che tuteli i volontari delle pro loco dalle conseguenze giudiziarie dei disastri metereologici, è rimasta sconcertata. «Guardi, non posso dirle nulla al riguardo risponde, combattuta, a chi le chiede se sia favorevole all’iniziativa -. Ormai mio marito è morto e nessuno può riportarlo. Ma non so bene cosa pensare». Se, infatti, la famiglia Bortolin non aveva accusato apertamente gli organizzatori all’epoca, questo non significa che non possa farlo in futuro. «C’è un’inchiesta penale in corso – continua a spiegare Michela -. Prima dobbiamo capire cosa decidono i magistrati».
Per quella vicenda, infatti, quattro persone, il presidente della Pro Loco Valter Scapol, i due architetti Annalisa Romitelli e Leopoldo Saccon e il geologo Celeste Granziera sono accusati di omicidio colposo plurimo e disastro colposo in concorso, Per loro, la procura ha chiesto il rinvio a giudizio. Parallelamente a questo procedimento, però, ne corre anche uno civile, intentato dai familiari di Luciano Stella che hanno sempre sostenuto che quelle morti si sarebbero potute evitare.
«Solo dopo aver capito davvero cosa è successo quella sera e di chi sono le responsabilità – conclude Michela con un filo di voce – decideremo come comportarci. Per il momento però non posso ancora sbilanciarmi».