Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
«Industria 4.0» non è soltanto investimenti: il Nordest è avvisato
Il rischio che la Trasformazione Digitale o, detta in maniera riduttiva, «Industria 4.0» sia derubricata a investimento tecnologico, pur iper-supportato da incentivi fiscali, esiste. Per fugarlo è necessario concentrarsi sul circolo virtuoso innovazione-produttività-crescita, evidente anche nell’Innovation Scoreboard 2017 europeo. Emerge chiaramente come investire in innovazione abbia generato un volano di competitività, sostenibile nel lungo periodo, per le aziende europee top spender: fatturato +16,3% contro il +1,8% medio del comparto e occupazione +8,8% contro -0,3%. Pur essendo l’Italia il secondo paese europeo nel 2017 come numero di incentivi fiscali a supporto dell’innovazione, il suo ecosistema rimane molto frammentato, con forti gap tra le diverse regioni, bassi investimenti e un sistema di trasferimento tecnologico delle Università ancora embrionale. Una recente ricerca di Ambrosetti TEH rileva una preoccupante inadeguatezza delle competenze (il 21,2% degli occupati è laureato contro il 33,9% media EU), in particolare per le materie tecnicoscientifiche. Il Digital intensity indicator 2017 di Eurostat mostra una bassissima digitalizzazione delle imprese, con l’89,3% delle aziende sotto i 50 dipendenti ancora molto lontane dal «4.0». La trasformazione digitale è una grande opportunità di modernizzazione e sviluppo di nuovi modelli di business che ha bisogno, soprattutto per il campo delle Pmi, di logiche collaborative nuove e di un vero ecosistema: in altre parole, di implementare efficacemente filosofia e pratiche di Open Innovation. I tempi e modi della competizione impongono per queste imprese il ricorso organizzato anche a idee/tecnologie e competenze esterne, concentrandosi internamente su quelle distintive sui mercati, locali e internazionali. Questo passa, ad esempio, anche attraverso l’incentivazione dei rapporti tra startup – da orientare di più verso il manifacturing - e aziende consolidate perché si possano generare accelerazioni innovative molto efficaci. E anche attraverso la creazione di Poli di eccellenza nei campi strategici, capaci di dare servizi concreti e attrarre investimenti/grandi imprese e competenze dall’esterno, al fine di raggiungere masse critiche per la crescita. Solo attraverso nuove visioni di business in tali contesti si può immaginare di cogliere appieno tutto il potenziale «4.0»: grazie alle tecnologie digitali, ad esempio, le imprese possono adottare rapidamente strategie di reazione al mercato, rispondendo velocemente ai clienti e creando nuovi prodotti personalizzati. Si tratta quindi di cogliere non solo efficienza operativa (la visione ristretta agli investimenti tecnologici), ma soprattutto nuova efficacia strategica e sul mercato. L’azienda si deve interrogare sulla propria essenza, per rinnovare la sua cultura d’impresa, adattando l’organizzazione e lavorando soprattutto sulle nuove competenze che significano, spesso, nuove figure professionali.
Il prossimo cartellone di DigitalMeet2017, festival diffuso del digitale, sarà concentrato su questa visione. E’ un treno che, in particolare a Nordest, non possiamo perdere.