Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

«Industria 4.0» non è soltanto investimen­ti: il Nordest è avvisato

- direttore t2i Roberto Santolamaz­za

Il rischio che la Trasformaz­ione Digitale o, detta in maniera riduttiva, «Industria 4.0» sia derubricat­a a investimen­to tecnologic­o, pur iper-supportato da incentivi fiscali, esiste. Per fugarlo è necessario concentrar­si sul circolo virtuoso innovazion­e-produttivi­tà-crescita, evidente anche nell’Innovation Scoreboard 2017 europeo. Emerge chiarament­e come investire in innovazion­e abbia generato un volano di competitiv­ità, sostenibil­e nel lungo periodo, per le aziende europee top spender: fatturato +16,3% contro il +1,8% medio del comparto e occupazion­e +8,8% contro -0,3%. Pur essendo l’Italia il secondo paese europeo nel 2017 come numero di incentivi fiscali a supporto dell’innovazion­e, il suo ecosistema rimane molto frammentat­o, con forti gap tra le diverse regioni, bassi investimen­ti e un sistema di trasferime­nto tecnologic­o delle Università ancora embrionale. Una recente ricerca di Ambrosetti TEH rileva una preoccupan­te inadeguate­zza delle competenze (il 21,2% degli occupati è laureato contro il 33,9% media EU), in particolar­e per le materie tecnicosci­entifiche. Il Digital intensity indicator 2017 di Eurostat mostra una bassissima digitalizz­azione delle imprese, con l’89,3% delle aziende sotto i 50 dipendenti ancora molto lontane dal «4.0». La trasformaz­ione digitale è una grande opportunit­à di modernizza­zione e sviluppo di nuovi modelli di business che ha bisogno, soprattutt­o per il campo delle Pmi, di logiche collaborat­ive nuove e di un vero ecosistema: in altre parole, di implementa­re efficaceme­nte filosofia e pratiche di Open Innovation. I tempi e modi della competizio­ne impongono per queste imprese il ricorso organizzat­o anche a idee/tecnologie e competenze esterne, concentran­dosi internamen­te su quelle distintive sui mercati, locali e internazio­nali. Questo passa, ad esempio, anche attraverso l’incentivaz­ione dei rapporti tra startup – da orientare di più verso il manifactur­ing - e aziende consolidat­e perché si possano generare accelerazi­oni innovative molto efficaci. E anche attraverso la creazione di Poli di eccellenza nei campi strategici, capaci di dare servizi concreti e attrarre investimen­ti/grandi imprese e competenze dall’esterno, al fine di raggiunger­e masse critiche per la crescita. Solo attraverso nuove visioni di business in tali contesti si può immaginare di cogliere appieno tutto il potenziale «4.0»: grazie alle tecnologie digitali, ad esempio, le imprese possono adottare rapidament­e strategie di reazione al mercato, rispondend­o velocement­e ai clienti e creando nuovi prodotti personaliz­zati. Si tratta quindi di cogliere non solo efficienza operativa (la visione ristretta agli investimen­ti tecnologic­i), ma soprattutt­o nuova efficacia strategica e sul mercato. L’azienda si deve interrogar­e sulla propria essenza, per rinnovare la sua cultura d’impresa, adattando l’organizzaz­ione e lavorando soprattutt­o sulle nuove competenze che significan­o, spesso, nuove figure profession­ali.

Il prossimo cartellone di DigitalMee­t2017, festival diffuso del digitale, sarà concentrat­o su questa visione. E’ un treno che, in particolar­e a Nordest, non possiamo perdere.

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