Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

NORDEST, COMPETENTI ALLA META

- Di Gigi Copiello

«Quattrocen to euro al mese. Stage di sei mesi a tempo pieno, in azienda di oltre cento dipendenti. Laurea in disciplina scientific­a col massimo dei voti attinente alla mansione svolta». Non è un annuncio di lavoro. E’ la realtà di fatto. Per un ragazzo che lavora in una azienda alla periferia di Vicenza. Ma simile condizione è raccontata da decine di ragazzi e ragazze. Con lievi variazioni di prezzo: qualcuno arriva ai 600 euro, ma qualcuno ha fatto qualche mese «in bianco». I voucher, aboliti, al confronto erano roba di lusso. Quei 400 euro al mese sono un invito a salutare la compagnia, prendere un low cost e andare in giro per il mondo. Come continuano a fare migliaia di diplomati e laureati veneti che trovano altrove occupazion­e stabile, in linea con gli studi, aperta allo sviluppo di carriera. Non è solo una questione di soldi. Questione che comunque esiste e che richiede, anche in Italia, un «salario minimo garantito», per fare argine ai raggiri di leggi e contratti che sono ormai regola più che eccezione. Se poi fosse questione di soldi, ragione di più per abbassare il cuneo fiscale sul costo del lavoro, piuttosto che allargare l’autonomia della spesa pubblica. Ma, ripeto, non è solo questione di soldi. Quel che più colpisce è la consideraz­ione delle competenze: negata. Un ragazzo studia a Padova, una delle migliori università del mondo, esce nei tempi giusti e con il massimo dei voti, porta in azienda tutto questo e … vale nulla: meno di un apprendist­a.

Ma, come si dice, tutto si tiene. Nell’azienda in questione figurano come dirigenti il titolare e la consorte, assieme al figlio a cui s’è aggiunta la novella sposa. «Tutto in famiglia», il resto fa numero. E’ un’azienda innovativa ed in crescita, sia detto. Ma la gestione rimane in linea con quanto documentat­o, e denunciato, da anni: le imprese famigliari italiane hanno il record europeo di anzianità del capo fabbrica e vedono solo per eccezione ciò che in Germania ed Inghilterr­a, ma anche in Spagna, è buona regola: l’apertura dei cda alle migliori competenze interne all’impresa. Se allora si paga poco il lavoro, è questione di costo del lavoro. Ma se si paga male, è tutt’altra questione. A cui pongono attenzione poche aziende, quasi solo grandi aziende. Nella gran parte delle imprese, invece (e nel sistema contrattua­le) non c’è attenzione al valore delle competenze, delle profession­alità e del merito come «valori» condivisi dall’insieme della società. Sarà anche cosa buona e giusta tutta la gran cassa sul tema del welfare. Che non nasconde, comunque, prosaici interessi di risparmio fiscale. Ma è ben altra cosa quel che si richiede. Si richiede di stabilire un «pavimento» sotto il quale nessuno può scendere. E si richiede anche di alzare i «soffitti», di alzare il riconoscim­ento delle capacità. Per dare un segno ai ragazzi, ai migliori, che se ne vanno. Per uscire da un familismo di tempi passati e che ritorna del tutto fuori moda. Soprattutt­o: perché abbiamo bisogno di una società di competenti. Di incompeten­ti, ne abbiamo abbastanza.

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