Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Ergastolano catturato mentre fa jogging
Preganziol, il killer era stato scarcerato per errore e si era rifugiato nel Trevigiano
PREGANZIOL (TREVISO) Era stato condannato all’ergastolo per un omicidio commesso nell’ambito di una faida di ‘ndrangheta, e quindi scarcerato per un cavillo. Ma nonostante la Corte di Assise di Cosenza avesse immediatamente emesso un’ordinanza di carcerazione, il 38enne Valerio Salvatore Crivello era riuscito a dileguarsi. L’uomo è stato catturato dai carabinieri a Preganziol, dove si era rifugiato, mentre usciva per fare jogging in tutta tranquillità.
PREGANZIOL Nonostante una condanna all’ergastolo, il killer della ‘ndrangheta era tornato dai genitori a Preganziol e viveva una vita normale, libero di andare ogni giorno a fare jogging. Ma una di quelle mattine, quando è uscito dall’appartamento dopo aver indossato le scarpe da ginnastica e infilato le cuffiette alle orecchie, si è trovato davanti i carabinieri del nucleo investigativo di Treviso muniti di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Così, il 38enne Valerio Salvatore Crivello è tornato nella cella del carcere di Terni dalla quale, grazie a un cavillo giudiziario, era stato scarcerato qualche mese prima.
Nel settembre 2016, infatti, l’uomo è stato condannato dalla Corte d’Assise di Cosenza alla pena dell’ergastolo, con isolamento diurno di un anno, per l’omicidio di Pietro Serpa. Un delitto mafioso maturato nell’ambito di faide tra cosche della ‘ndrangheta del Tirreno cosentino, oggetto dell’operazione «Tela di Ragno» condotta dai carabinieri e che ha portato a 14 condanne.
La prima volta in manette, nel 2012, Crivello ci era finito proprio a Preganziol dove viveva una vita specchiata, con un impiego come banconiere al supermercato Lando. Lì erano andati ad arrestarlo i carabinieri dei Ros, coordinati dalla Dda di Cosenza, con l’accusa di aver messo a segno il delitto, nel 2003. I militari lo avevano portato nel supercarcere di Tolmezzo dal quale, insieme a un altro carcerato, avrebbe anche cercato di organizzare un’evasione che prevedeva la corruzione di una guardia penitenziaria e l’impiego di un elicottero. Da lì era stato trasferito prima a Piacenza e poi a Terni da dove, nel marzo scorso, per un cavillo è uscito. Crivello è così tornato a Preganziol, nella casa dei genitori. Ma la sua scarcerazione non è passata inosservata e la Corte d’Assise di Cosenza è subita corsa ai ripari emettendo una misura di custodia cautelare in carcere. I motivi? Rischio di reiterazione del reato, dato il profilo criminale dell’uomo, «che ha agito con premeditazione nell’ambito di una guerra di mafia, e gravato da precedenti penali per gravi reati in materia di armi e di estorsione».
Non solo: secondo la Corte d’Assise c’è un alto rischio di fuga, confermato dalle intercettazioni dei colloqui intrattenuti da Crivello con i familiari mentre era in carcere a Tolmezzo, e durante i quali aveva più volte ribadito l’intenzione non appena ottenuti gli arresti domiciliari - «di fuggire in Australia, Nuova Zelanda o Sud America». Per questo è scattata la misura che l’ha riportato in cella. Ma nel Cosentino Crivello non è mai tornato: appena libero, infatti, ha raggiunto Preganziol, dove si sentiva tranquillo. Al punto da uscire regolarmente di casa senza troppe precauzioni. Almeno fino alla mattina in cui si è trovato davanti gli uomini del maggiore Giovanni Mura, che gli hanno stretto le manette ai polsi.
Malavitoso Crivello avrebbe ucciso un uomo, nel 2003, nell’ambito di una faida di ‘ndrangheta