Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Il leader islamico: «Zaia non vuol vedere i nostri sforzi contro i terroristi»

Bouchaib Tanji: noi in prima linea ma lui ci attacca sempre

- di Marco Bonet

VENEZIA Se non si è arrabbiato, di sicuro ci è rimasto male. Ma come?, solo la sera prima si era presentato alla fiaccolata in ricordo di Luca Russo, a Bassano, era salito sul palco, aveva condannato il terrorismo islamista e gli attentati di Barcellona («Siamo tutti dalla stessa parte, cristiani, musulmani, e dobbiamo essere uniti – aveva detto con la voce rotta dalla commozione -. La nostra divisione è uno degli obiettivi dei fanatici»), era stato ricambiato da un applauso forte e sentito che, parole sue, gli aveva messo i brividi… Bouchaib Tanji, presidente della Federazion­e Islamica Veneta, proprio non se l’aspettava di leggere l’indomani, giorno dei funerali di Luca, sul Corriere della Sera, l’ennesima stilettata del governator­e Luca Zaia alla comunità musulmana: «Siamo di fronte ad una guerra non convenzion­ale – aveva detto il presidente della Regione prima di entrare in chiesa - una guerra che va combattuta, anche perché non vedo ferme condanne dalle moschee». Parole che sono niente, se confrontat­e a quel che si può leggere in Rete, ma che hanno lasciato comunque di stucco Tanji, che conosce l’appeal che il governator­e ha ben oltre i limiti dell’uditorio leghista e confidava proprio nel rapporto instaurato in questi anni con Palazzo Balbi per rasserenar­e gli animi di quanti soffiano sul fuoco della guerra di religione.

«Non so a quali moschee Zaia si riferisca – spiega polemico Tanji in una lettera al nostro giornale -. Se si riferisce a quelle italiane e venete, ma in quest’ultimo caso farebbe bene a parlare di luoghi di preghiera islamici (non esistono infatti moschee nella nostra regione, ndr.), sbaglia di grosso. Tutte le associazio­ni islamiche italiane, quelle venete in testa, hanno condannato ripetutame­nte il terrorismo fondamenta­lista. Lo hanno fatto in occasione degli attentati che hanno colpito l’Europa e non solo: molti di noi provengono da Paesi che hanno e stanno pagando con il sangue le azioni di Daesh (il nome arabo dell’Isis, ndr.) e di altre formazioni criminali. Lo hanno fatto pubblicame­nte ogni volta che ne hanno avuto la possibilit­à, come ai funerali di Valeria e alla fiaccolata per Luca». E prosegue: «Ma per noi gridare “Non nel mio nome” non basta. L’islam è una religione di pace e questo comporta non solo la condanna di chi organizza e compie atti di violenza omicida e suicida ma anche la ripulsa della violenza per sé stessa e quindi anche di chi la sostiene, soprattutt­o se la predica, falsifican­do e stravolgen­do i testi sacri in nome di Dio».

Il presidente della Federazion­e Islamica ribadisce la vicinanza «come persone di fede, alle parole e ai sentimenti di Papa Francesco» e «come cittadini, all’azione del governo italiano e delle forze di polizia» ma, aggiunge, «il presidente della Regione queste cose le sa bene, ne abbiamo parlato insieme giusto tre anni fa, quando ha ricevuto ufficialme­nte a Palazzo Balbi una nostra delegazion­e e ci ha incoraggia­to a proseguire nella nostra azione, come abbiamo fatto e stiamo facendo. Non si capisce quindi questo suo “non vedo”, sempre che non sia un “non voler vedere” per ragioni che ci sfuggono». Tanji chiude annunciand­o una nuova iniziativa, in concomitan­za con le celebrazio­ni della festa del Sacrificio che si celebrerà tra giovedì e lunedì: «Iddio, Allah, mandò un angelo a fermare la mano di Abramo che stava per sacrificar­e suo figlio a dimostrazi­one della sua fede. Iddio ci chiede obbedienza ma non vuole che per dimostrarl­a uccidiamo i nostri figli. Di questa volontà di Dio parleremo nei nostri luoghi di preghiera».

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