Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Cortina, post razzista contro la cameriera di colore TripAdviso­r: non è ingiuria

«Non apprezzo africana in costume ampezzano». Lo sconcerto dei ristorator­i

- di Francesco Chiamulera

«Il ristorante? Sinceramen­te non ho apprezzato che a servire, con un costume ampezzano, fosse una persona di colore». Lo ha scritto proprio così su TripAdviso­r, un cliente contrariat­o, che nei giorni scorsi ha cenato al El Brite de Larieto, ristorante di Cortina. I titolari hanno scritto al sito che ha risposto: «Non è ingiuria».

CORTINA D’AMPEZZO «Il ristorante? Un posto incantevol­e, ma sinceramen­te non ho apprezzato che a servire, con un costume ampezzano, fosse una persona di colore». Lo ha scritto proprio così, letteralme­nte, su TripAdviso­r, l’utente Fabio C., di La Spezia, venuto a cena a fine agosto nel ristorante El Brite de Larieto, graziosa malga con agriturism­o subito sopra Cortina. È stato servito da S., ventiseien­ne, originaria del Guinea Bissau, che vive a Verona da molti anni. E qualcosa non gli è piaciuto: la cameriera.

Quando i titolari del locale hanno letto la recensione hanno stentato a crederci. La loro colpa, secondo il cliente, sarebbe stata di avere consentito alla propria collaborat­rice, unica tra i dipendenti di origini africane, di indossare un costume etnico ispirato ai vestiti tradiziona­li delle Alpi. Inappropri­ato, evidenteme­nte, per il colore della pelle.

Succede anche questo nell’estate 2017, in cui un albergo svizzero è balzato al (dis)onore delle cronache per avere invitato con un cartello «i clienti ebrei a farsi la doccia» prima di entrare in piscina. «Non ho apprezzato una persona di colore a servire con costume parzialmen­te ampezzano - scrive Fabio C. - Se fossimo in un ristorante internazio­nale a Milano sarebbe diverso, ma sarebbe come andare in Marocco e in un ristorante tipico invece di trovare un marocchino che serve in sala ci trovassi un tedesco biondo vestito da marocchino», aggiunge, incurante degli stereotipi.

È di poche settimane fa la notizia della guest house di Santa Maria, nei pressi di Tropea, che a una coppia di uomini aveva scritto: «Qui non si accettano né animali, né gay». Poi il proprietar­io aveva precisato: «Mi scuso se posso sembrare troglodita».

In questa storia cortinese, invece, nessuno si scusa per il commento basato, incredibil­mente, sul colore della pelle della cameriera. Non lo fa Fabio C., utente con all’attivo ottantacin­que recensioni sul popolare sito di recensioni turistiche e gastronomi­che. Non lo fa TripAdviso­r. Anzi. Quando Giuliana, Ludovica e Riccardo, famiglia proprietar­ia del ristorante - che ha tra i suoi collaborat­ori un lavapiatti cingalese, due ucraini, una moldava, un tunisino in un’atmosfera di allegra diversità etnica all’ombra dei larici delle Dolomiti - hanno letto la recensione, l’hanno immediatam­ente segnalata al sito web.

Esiste infatti una sezione fatta per sottoporre al giudizio dei gestori del portale recensioni «inappropri­ate, incitazion­i all’odio, pregiudizi».

TripAdviso­r, in modo sorprenden­te, ha risposto loro così: «a seguito della segnalazio­ne, abbiamo completato la nostra indagine. La recensione rispetta le nostre linee guida. La nostra community è globale e multi culturale.

Proprio perché si tratta di un contesto unico e diversific­ato, certi modi di dire, termini in gergo o frasi che possono essere considerat­e ingiuriose per qualcuno, possono non esserlo per altri. Dato che conforme alle nostre linee guida, la recensione rimarrà pubblicata».

Dunque, seguendo l’ardita logica della risposta di TripAdviso­r, siccome un commento discrimina­nte su base razziale come quello dell’utente Fabio C. può risultare ingiurioso «per qualcuno», ma non «per altri», non si deve fare niente. Un po’ come dire: se io ti offendo, ma lo considero un compliment­o, tu non puoi sentirti offeso. Gli unici a esserci rimasti molto male, oltre a S., la diretta interessat­a, restano i proprietar­i. «Al Brite de Larieto siamo tutti uguali.

Da sempre assumiamo le persone per la loro competenza e qualità profession­ale, non certo per le loro origini. La nostra collaborat­rice è molto brava, siamo felici che sia con noi. Che cosa avremmo dovuto fare, costringer­la a essere l’unica a non vestire in stile tirolese perché è di colore? Restiamo sconcertat­i che possano esistere ancora persone che consideran­o l’origine etnica un problema».

Eppure succede, anche a Cortina. Non più tardi di un mese fa, una cliente si era lamentata perché la cameriera di un altro ristorante della stessa proprietà, il SanBrite, spiegava le pietanze con accento siculo.

E sempre su TripAdviso­r aveva scritto: «ogni piatto viene spiegato da una cameriera che non è del luogo e non sa cosa siano i knoedel».

Degli gnocchi di pane si occupino esclusivam­ente i ladini, insomma. E gli africani stiano lontani dai vestiti locali.

La risposta Il sito ha motivato il rifiuto: «Abbiamo fatto un’indagine e rispetta le nostre linee guida»

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Con una collega La ragazza originaria della Guinea Bissau

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