Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

TRE SCATTI PER SPERARE

- di Massimilia­no Melilli

Tre immagini da un presente che pare già il futuro che verrà. Prima fotografia: soldati in tenuta antiterror­ismo che accolgono i turisti in piazzale Roma, a Venezia. In primo piano una «legge» non scritta ma in vigore nell’epoca dei fondamenta­lismi: ormai cediamo porzioni di piccole-grandi libertà in cambio delle ragioni della sicurezza. Seconda istantanea: il cardinale Pietro Parolin, il vicentino di Schiavon segretario di Stato Vaticano, in visita in uno dei luoghi dell’eccellenza made in Veneto, la Grafica Veneta di Trebaseleg­he, che ammonisce i sindaci (e la politica) di ogni orientamen­to: «I profughi vanno accolti tutti e lo devono fare tutti». Poi Parolin annuncia la visita in Veneto di Papa Francesco mentre la stampa internazio­nale loda sua mediazione sul caso sgomberi a Roma con famiglie di migranti caricate dalla Polizia e l’emergenza abitativa che riguarda anche i cittadini italiani. «La violenza è inaccettab­ile, urge invece la mediazione sociale», ha tuonato dal Meeting di Cl a Rimini il lungimiran­te segretario di Stato Vaticano che ha anche ispirato il viaggio di Francesco a novembre in Myanmar e Bangladesh. Con una missione controcorr­ente ma necessaria in Asia: salvare i rohingya, la minoranza islamica perseguita­ta. Il terzo scatto ritrae la scommessa di Fabio Franceschi: fare impresa nella Libia del governo conteso fra ottanta tribù, avamposto dell’Isis e base del traffico di nuovi schiavi. L’uomo che stampa più velocement­e i libri al mondo, ha ottenuto una commessa da 48 milioni di euro: editoria scolastica , 2.500 tir stipati di volumi. Pare la chiosa del patto di Parigi fra Francia, Italia, Germania e Spagna sull’emergenza immigrazio­ne: campi profughi in Africa in cambio di forti investimen­ti europei. La realtà entra di prepotenza anche nei film in programma al Lido: 65 milioni di migranti nel mondo e Ai Weiwei, artista cinese dissidente, icona della lotta per i diritti umani, presenta «Human Flow», documentar­io girato in 22 Paesi. Con una massima che ribalta la prospettiv­a del fenomeno: «Non c’è una crisi dei rifugiati ma una crisi umana. Il confine non è a Lesbo, ma si trova nella nostra mente e nella nostra anima». Lo stesso confine fra paura e sicurezza al tempo di lupi solitari o terroristi profession­isti, (ri)produce altre derive della società contempora­nea (solitudine, precariato, disagio, criminalit­à).

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