Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

I filoni

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Dopo i patteggiam­enti del 2014 e la sentenza di giovedì nel processo agli 8 «reduci», restano tre filoni aperti nell’inchiesta sul Mose

Il primo è quello che vede imputate le aziende del Consorzio Venezia Nuova e il Cvn stesso, responsabi­li per i reati dei propri manager

Il secondo vede imputati per corruzione, frodi fiscali e finanziame­nti illeciti i «grandi accusatori»: Baita, Minutillo, Buson e Savioli

Il terzo è su false fatture (e retrocessi­oni per finanziare la politica) per i cassoni di Chioggia VENEZIA «Indica in giorni novanta il termine per il deposito delle motivazion­i». Le ultime parole del dispositiv­o letto in aula giovedì sera dal giudice Stefano Manduzio hanno messo la parola fine – dopo 32 udienze e a oltre tre anni dagli arresti del 4 giugno 2014 – al cosiddetto «processo Mose», la vera sfida in aula tra l’accusa e le difese degli otto imputati che hanno deciso di andare al dibattimen­to. Ma di Mose nelle aule giudiziari­e si parlerà ancora e non solo perché di sicuro coloro che sono stati condannati, in primis l’ex ministro Altero Matteoli (4 anni per corruzione), faranno appello contro la sentenza. E non solo perché l’ex governator­e della Regione Veneto Giancarlo Galan, attraverso i suoi avvocati Antonio Franchini e Niccolò Ghedini, ha annunciato subito che le assoluzion­i disposte dai giudici, in particolar­e quelle dell’ex eurodeputa­ta Amalia Sartori e dell’architetto Danilo Turato, aprono la porta a una possibile istanza di revisione del processo. Ci sono infatti tre filoni ancora aperti, nonostante la sentenza di giovedì e gli oltre trenta indagati, tra cui lo stesso Galan, che avevano patteggiat­o nel 2014.

Il primo, perché è quello in fase più avanzata, è quello nei confronti del Consorzio Venezia Nuova e delle imprese che lo compongono per la cosiddetta

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