Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
SE NASCE IL «FRONTE DEL BASTA»
Checco Zalone, anche se non da regista, ci ha fatto un film (Quo vado). Grande cassetta, vecchia morale, luoghi comuni ma inossidabile verità. L’italiano, soprattutto se ha l’accento del Sud, è attaccato al posto fisso più del bostik alla sedia. In questo caso infilata sotto una cattedra. Ma nei film la finzione, come spesso accade, non sfiora nemmeno la fantasia che la realtà ci sa consegnare. Qui di posto fisso si tratta, a parte un dettaglio: chi lo occupa non c’è. Però «risulta». E accumula punti per la graduatoria. Da casa sua. A spiegarlo e a denunciarlo, il laicissimo «miracolo italiano», è stato ieri sul nostro giornale Gianni Zen, preside del liceo Brocchi di Bassano del Grappa, uno dei migliori istituti in circolazione nella platea di «buone scuole» che questo Paese possiede. Zen, con l’indignazione a mille e la pazienza a zero, ha inviato una lettera aperta ad un avvocato di Catania che all’inizio dell’anno scolastico ha preso il suo trenino e ha firmato l’accettazione di una supplenza annuale per la materia di diritto. Prof che dopo un minuto ha presentato la domanda di aspettativa.
Che Zen ha bocciato. In tutta risposta è arrivato un certificato medico. Un uno-due perlomeno sospetto. Naturalmente il Brocchi si trova senza supplente e dovrà trovare (e pagare) il supplente del supplente. Naturalmente il prof-avvocato per la legge – e fino a prova contraria, ad esempio la «tenuta» del certificato medico – è in regola. Ci mancherebbe. E’ avvocato e prof di diritto…
Ma, appunto, la verità sta nel rovescio. Dietro l’apparente legalità. Dove c’è (anche) l’etica, c’è il dovere che il diritto deve almeno pareggiare. Per questo la lettera del preside di Bassano dovrebbe essere infilata nei libri di testo di tutte le scuole o perlomeno far parte delle regole d’ingaggio dei concorsi didattici. Soprattutto quando Zen scrive: «Questa mia lettera non è figlia di un antico pregiudizio del Nord contro il Sud, perché, come sempre, contano le persone. Ma questo non ci esime dal dire che è ora di dire basta. Basta, cioè, all’uso strumentale e individualistico, tanto da confondere diritti e privilegi, delle norme e dei contratti». E ancora: «Credo che questo professore si sentirà in difficoltà quando entrerà, prima o poi, in classe e si presenterà ai ragazzi tentando di giustificare le sue assenze difficilmente giustificabili».
La storia del Sud che «sale» al Nord è storia antica. Dolorosa. Affamata. Epica. Storia operaia. Storia di figli che scappavano e Mimì metallurgici che soffrivano. Ma anche storia di un proletariato colto o comunque lontano dalla fabbrica, votato al posto pubblico come ragione sociale. Storia di professori laureati in tante discipline ma specializzati in quella che tutto il meridione «culturalmente» unisce: il concorso e il lavoro al Nord.
Fin dagli anni Cinquanta i professori che «salivano» dormivano in stanzette da studenti. Si trasferivano armi e bagagli, facevano una scommessa sul futuro. Tanti erano bravi, altri meno. Come a tutte le latitudini. E stessa cosa succede oggi, come se il tempo non fosse passato. Se c’è un Nord che fa il Sud e «sale» a Londra, il Sud è diventato più globale ma l’asse migratorio per molti è l’eterno ritorno di una condizione. Anche oggi con sofferenza e un costo della vita quasi proibitivo. Ma di solito, chi lo fa, firma e resta. I casi, guarda caso, riguardano spesso i «professionisti» dal doppio lavoro. Come, appunto, avvocati e commercialisti (e non solo) . Proprio un commercialista (campano) fu al centro mesi fa di un caso analogo. Stavolta in un istituto superiore di Padova. Anche allora fece scalpore. Analoga denuncia della preside, analoga indignazione. Sapete com’è finita? Il prof si è fatto il suo annetto nello studio professionale e quest’anno risulta assegnato ad una scuola lombarda. Conseguenze? Solo per la preside. Querelata dal commercialista con licenza di sparire.
A qualcosa, però, l’indignazione di questi dirigenti schierati sul fronte antifurbetti stavolta potrebbe servire. Oggi, in una lettera al nostro giornale, il ministro all’Istruzione Valeria Fedeli annuncia il monitoraggio e il controllo sulla fruizione dei benefici previsti dalla legge 104, quella che consente ai supplenti di usufruire di permessi e aspettative legati a particolari condizioni di salute dei familiari. Ci sarà anche una verifica sul certificato medico presentato dal prof avvocato salito e subito tornato. Siamo scettici, ma aspettiamo fiduciosi. Nella speranza che sia nato un condiviso «fronte del basta».