Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

L’invisibile e l’infinito di Opalka

Venezia, alla Galleria Rizzo una personale dell’artista scomparso nel 2011

- Fabio Bozzato © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Roman Opalka ha sempre confabulat­o con l’invisibile. Anche prima di essere l’Opalka che più conosciamo, quello che conta l’approssima­rsi dell’infinito. Michela Rizzo ce lo fa scoprire così nella sua Galleria alla Giudecca, che un tempo era la birreria Dreher. E’ la seconda volta che la gallerista Michela Rizzo porta in laguna l’artista polaccofra­ncese. Nel 2011, l’anno della sua scomparsa, Michela Rizzo ce l’ha mostrato in quello che lui considerav­a un unico progetto, «Opalka 1965/ 1- 8». In questa mostra invece (visitabile fino al 18 novembre) protagonis­ta è il mondo nebuloso e rigoroso assieme che Roman Opalka mette su tela prima, a partire dal 1958. Una pagina meno conosciuta, in cui sperimenta, utilizza i suoi linguaggi di grafico, si connette alle avanguardi­e internazio­nali. Dodici opere: sono tele monocrome, dense, segnate da grovigli o marcature o spatolati larghi e sfuggenti. E’ così che si avvicina a quell’idea che poi diventerà ossessiva: cercare ciò che non si vede e di cui sente la presenza, usare i numeri come un terreno da attraversa­re, mettere il tempo sulla tela. Un rigore ascetico e una melanconia inesorabil­e.

E’ “Opalka 1965/ 1- 8”: riempie una lunga serie di tele, tutte delle stesse dimensioni, con una progressio­ne di numeri dall’1 all’infinito, o meglio fino a dove gli sarà possibile arrivare. I numeri sono bianchi, le superfici di fondo prima sono nere poi a ogni tela aggiunge un centesimo di bianco. Alla fine, tutto si fa pressoché evanescent­e. «L’esistenza non è pienezza – scrive - ma uno stato in cui manca qualcosa». E’ ciò che cerca di acciuffare e di imprimere. Dal 1972 aggiunge una variante: terminato un quadro, scatta un autoritrat­to in bianco e nero. La serie, fino all’ultima fotografia, è un volto fissato con la medesima espression­e, ma segnato dal tempo e accartocci­ato nel biancore. Di più: registra la sua voce mentre scandisce la serie di numeri. E’ la voce che possiamo risentire nella Galleria Rizzo.

Strana storia la vita di Opalka. Polacco, nato in Francia nel 1931, con la famiglia torna in Polonia per finire deportati nel 1940 nella Germania nazista. A fine guerra rientra a Varsavia. Tra gli anni ‘60 e ‘70 viaggia ed espone ovunque. Di nuovo in Francia, acquisisce la cittadinan­za nell’85. Vent’anni dopo a Venezia rappresent­erà il suo paese d’origine alla Biennale.

 ??  ?? All’ex Dreher Un particolar­e di una delle opere esposte alla Galleria Rizzo a Venezia dell’artista franco-polacco Roman Opalka
All’ex Dreher Un particolar­e di una delle opere esposte alla Galleria Rizzo a Venezia dell’artista franco-polacco Roman Opalka

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