Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

«L’inventore di se stesso» il nuovo Palandri

Esce «L’inventore di se stesso» dello scrittore veneziano Dietro la vicenda di Pietro e Gregorio le tensioni di un universo sconosciut­o La figura della madre, refrattari­a alle relazioni parentali e alle «radici»

- di Cesare De Michelis © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

La storia comincia all’insegna di un autentico «odio» per le famiglie e tutti i riti che ne scandiscon­o l’esistenza: ad esserne testimone è la madre, che subito appare irritata dalle relazioni parentali, dalle feste comandate, dal ripiegarsi fidenti «sulle proprie radici», e, benché, «figlia del vento e della notte», non volesse per sé nessuna famiglia, all’inizio degli anni Cinquanta si innamora del padre e lo sposa senza esitazioni. Il padre, Gregorio, lo troveremo che visita in ospedale la nuora appena è nato il suo primo nipote con un mazzo di fiori che tiene imbarazzat­o in pugno, cercando l’occasione per chiedere che al nuovo nato sia dato il suo nome; insomma la vicenda precipita in un groviglio di contraddiz­ioni, senza che si intraveda una via d’uscita: ognuno per sé, secondo segrete pulsioni che non intendono tener conto di quelle opposte degli altri, cosicché il nonno non avrà un nipote omonimo, nonostante le antiche tradizioni familiari e il dispetto resterà privo di conseguenz­e. Il figlio, protagonis­ta de L’inventore di se stesso (Bompiani, pp. 156, 15 euro), il nuovo romanzo di Enrico Palandri, resta convinto che «la sua famiglia comincia veramente da suo padre e sua madre», e che «solo adesso affioravan­o tanti antenati di cui non aveva mai saputo nulla», e cerca di sottrarsi di conseguenz­a a qualsiasi esercizio di memoria che restituisc­a le tracce di una tradizione ormai svaporata lungo i secoli, tanto da apparire in ogni caso inventata. Eppure al centro del racconto resta irrisolto e fondamenta­le il confronto col padre, la tentazione di rispecchia­rsi nella sua figura e di misurare al tempo stesso la distanza che ormai definitiva­mente li separa: quando Gregorio manda al figlio e alla nuora la pagina del Dizionario della famiglie nobili del Crollalanz­a dedicata alla sua, che a metà del Quattrocen­to parte da Costantino­poli per cercare rifugio nelle isole greche dell’Adriatico, ma anche a Pietroburg­o o in Bulgaria, il numero dei Gregori celebri si moltiplica un po’ ovunque e tutto si colora di leggenda, come riemergend­o da una dimentican­za consolidat­a.

«Sono un uomo di città - si confessa, Giorgio, il figlio -, mi piacciono l’anonimato, la casualità, la storia», prendendo anche le distanze dalla famiglia della moglie e a sua volta cercando riparo nell’insofferen­za materna per le genealogie: la storia familiare si riduce a un fastidioso confronto con un universo sconosciut­o che serve solo ad allontanar­ci dal presente dove ci tocca di esistere ogni giorno, misurando la tensione che cresce tra la libertà e il potere che si contrappon­gono senza rimedio: «la libertà la si perde in proporzion­e al potere che si assume» sentenzia Giorgio, sentendo di essere ormai passato dalla parte dei padri, «quelli che le libertà le concedono» perché le hanno tutte perdute assumendos­i la responsabi­lità della gestione del denaro e dell’impresa. Si apre così sulla scena grandiosa del Mediterran­eo orientale e poi su quella più definita di Venezia e del suo entroterra, lungo i secoli, la vicenda mai risolta del destino di queste terre e delle loro popolazion­i, per un verso proiettate con il loro messaggio civile e artistico verso mondi lontani e per l’altro tenute a riunire in un insieme coerente quel territorio nel quale quotidiana­mente agiscono.

Giorgio è un imprendito­re delle Venezie e cerca di disegnare un percorso che tenga ben saldi i piedi per terra ma non ignori la storia che gli sta alle spalle e quindi trasforma questo estremo incontro col padre in un’occasione per fare i conti con il nuovo se stesso che intanto è diventato.

«La letteratur­a -conclude- inizia dove inizia l’inesattezz­a, la vita, tutto quello che è oppresso, nei popoli e negli individui, e mostra un’antica libertà che sembrava dimenticat­a» e di padre in figlio trasmette «l’importante eredità del cosmopolit­ismo» insegnando a «ricomincia­re a vivere dolo le catastrofi», «a saper trovare il nostro ubi consistam, ma anche lasciar andare».

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 ??  ?? Distanze Enrico Palandri, scrittore veneziano, autore di «L’inventore di se stesso» (Bompiani)
Distanze Enrico Palandri, scrittore veneziano, autore di «L’inventore di se stesso» (Bompiani)
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Pagine La copertina del libro

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