Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Buffet, il re dei mercati primo azionista di Cattolica
Il guru della finanza compra la quota di Popolare di Vicenza. E riaccende le attese sul passaggio a spa
VERONA Warren Buffett compra il 9% dalla liquidazione di Popolare di Vicenza e diventa il primo socio di Cattolica. Il re dei finanzieri mondiali che con un blitz entra a pié pari nell’ultima società cooperativa (oltre a Banca Popolare di Sondrio) quotata in Borsa. L’operazione, ricca di suggestioni, si è avverata ieri sera, quando i commissari liquidatori di Bpvi - Fabrizio Viola, Claudio Ferrario e Giustino Di Cecco - hanno comunicato la vendita, che avverrà in concreto oggi, del 9,04% delle azioni della cooperativa scaligera ad una società controllata da Berkshire Hathaway (dovrebbe trattarsi del colosso assicurativo General Reinsurance con sede in Connecticut), la holding del finanziere americano. Un’operazione avviata sulla base «di un’offerta a condizioni di mercato autonomamente presentata» dagli americani, come hanno scritto i commissari, con cui la liquidazione incassa 116 milioni, per un prezzo ad azione di 7,35 euro (4 centesimi in più della chiusura di Borsa di ieri) e cede del tutto la quota di Cattolica, dopo il 6% già venduto ad aprile.
Un fulmine a ciel sereno, che arriva a movimentare non poco il panorama intorno alla Cattolica del nuovo corso aperto a giugno dal nuovo amministratore delegato Alberto Minali, dopo la fine dei rapporti incrociati, e delle svalutazioni, con Bpvi e Cassa di risparmio di San Miniato, tra le banche appena salvate da Credit Agricole. Perché, pur con lo schema una testa-un voto, Buffet d’un colpo diventa il primo socio di Cattolica, davanti alla Fondazione Cariverona guidata da Alessandro Mazzucco, che era salita ad aprile al 3,43%, comprando parte della quota venduta sempre da Fabrizio Viola, allora da Ad di Vicenza. Cariverona che vede confermata la sua scelta di un investimento «finanziario» su Cattolica dalla mossa di Buffett, che avviene sugli stessi prezzi. E che apre scenari del tutto nuovi, per Cattolica.
Così proprio Minali ha commentato ieri sera di aver «appreso con enorme soddisfazione» la notizia dell’investimento. «Lo considero un grande atto di fiducia nei confronti della compagnia e del suo management - ha aggiunto - e una straordinaria occasione per Cattolica, viste le opportunità che questa presenza così prestigiosa nel suo capitale può aprire». Un timbro sul nuovo corso di Minali, dunque, la cui presenza potrebbe aver in qualche modo pesato sull’investimento. Minali che tra l’altro sta preparando il nuovo piano industriale 2018-’20, dopo la serie di tre presentati da Giovan Battista Mazzucchelli.
Ma la mossa di Buffett potrebbe essere un biglietto da visita anche nella partita per la bancassicurazione di Banco Bpm che Cattolica si sta giocando, per recuperare i ricavi perduti dopo la fine di Bpvi.
E soprattutto rilancia le domande su una questione che ritorna ciclicamente, specie dopo la riforma nel settore bancario di due anni fa, ovvero l’assetto cooperativo di Cattolica. La trasformazione in spa è stato fin qui escluso con decisione dal presidente della compagnia Paolo Bedoni. Ma il blitz di Buffett di certo è destinato a riaccendere le attese per il passaggio alla spa. Per quanto valore nascosto abbiano potuto vedere gli uomini di Buffett in Cattolica, e per quanto 116 milioni siano una goccia rispetto ai 665,6 miliardi dollari di asset gestiti dalla holding con sede in Nebraska, di certo pare difficile che il guru della finanza acquisti il 9% di una società per accontentarsi di pesare per un voto nelle assemblee dei soci. E d’altra parte il passaggio a spa è ritenuta la via più breve per aumentare il valore della società. Si vedrà già oggi se la Borsa si accoderà a Buffett, riaccendendo queste attese.
Da ultimo la vendita chiude il capitolo del tormentato rapporto tra Cattolica e Bpvi. Come si ricorderà la società assicuratrice aveva annunciato ad agosto 2016 l’uscita dagli accordi decennali nella bancassicurazione che la legavano alla Bpvi, che nel 2006, in piena èra Zonin, era diventato il primo socio con il 15%. L’uscita era stata spiegata con la trasformazione in spa e avveniva di fronte alla crisi della banca, con pesanti perdite di fatturato (i premi prodotti erano caduti a cento milioni nel solo primo semestre 2016, rispetto ai 354 di un anno prima). L’uscita si era rivelata un salasso da 400 milioni per la Bpvi appena ricapitalizzata da Atlante, tra svalutazioni del valore delle azioni per 222 milioni (erano in carico a 15 euro), valutate 146 milioni dopo l’operazione, e altri 180 milioni di perdite previste di fronte alle richieste di Cattolica per uscire dalle società in comune. Ne era nato un braccio di ferro, che aveva condotto Bpvi a vendere una prima quota del 6% ad aprile, senza rispettare i patti che imponevano la consultazione sulla vendita. Il banco era saltato con la liquidazione, che aveva azzerato per Cattolica il residuo fatturato assicurativo dalla rete di Vicenza e i 180 milioni pretesi per l’uscita dalle società comuni. Ora la liquidazione chiude la partita incassando 116 milioni, 192 con i 76 entrati in primavera. Limitando i danni rispetto alle valutazioni del bilancio 2016, ma pagando pur sempre un conto salatissimo.