Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

All’aperto

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iretto ad Arles per proseguire nel suo cammino verso la «luce», Vincent van Gogh è invece accolto dal freddo e dalla neve che incombe sul paesaggio, a tradire quella promessa tanto sognata: «In primavera, potrei dire a febbraio o anche prima, potrò andare nel Sud della Francia, la terra dei toni azzurri e dei colori brillanti». Non è ancora primavera, e la mattina del 21 febbraio 1888 Vincent scrive a Théo: «Ora ti dirò che, per cominciare, ci sono dovunque almeno 60 centimetri di neve già caduta, e che continua a caderne». Non è solo la luce a dirigerlo verso la Provenza, ma ancora una volta quel suo amore per il Giappone ch’egli ritrova nel paesaggio: «...i paesaggi nella neve con le cime bianche contro un cielo tanto luminoso quanto la neve, erano belli come i paesaggi invernali fatti dai giapponesi».

Ad Arles Vincent entra in quel territorio da lui stesso definito dell’esagerazio­ne del colore. Ad Arles, ritrova anche la sua amata campagna. Il 30 maggio 1888, di mattina presto, Van Gogh prende la diligenza e attraversa la Camargue fino a giungere al paese di Saintes-Maries-de-la-Mer, sul mar Mediterran­eo. Tra le altre opere, qui realizza il quadro esposto in mostra e che titola: Veduta di Saintes-Maries-dela-Mer, (Otterlo, Kröller-Müller Museum The Netherland­s) di cui è molto soddisfatt­o. Scrive infatti al fratello Théo: «..ecco, guarda un po’ che sono arrivato finalmente al tono di “père Cézanne”, voglio soltanto dire questo: che Cézanne, come Zola, si sente a casa nella campagna e la conosce così intimament­e che io devo aver percorso la sua stessa Vincent van Gogh, «Sentiero nel parco» (1888), Otterlo, KröllerMül­ler Museum strada per simili».

Il dipinto mostra la città sullo sfondo ed è travolto dall’azzurro del cielo che si fonde sul malva della coltivazio­ne di lavanda. Nei quindici mesi di permanenza ad Arles, Van Gogh realizzerà circa duecento quadri, cento tra disegni e acquerelli: dipingendo alcuni tra i suoi più famosi campi di grano. Ad Arles Vincent non dipinge la città, è attratto dalla campagna, dalla pianura del Crau, dall’abbazia di Montmajour, a sud l’area che costeggia il canale Bouc. Dipinge Il ponte di Langlois ad Arles, arrivare a dei toni maggio 1888 (Colonia, WallrafRic­hartz-Museum & Fondation Corboud, Collezione dei Dipinti acquistato nel 1911) opera scelta dal curatore Marco Goldin come icona dell’intera mostra.

Van Gogh pensa ai vantaggi di lavorare su cose simili a quelle viste in Olanda, anche se più colorate, come spiega Marco Goldin: «Con lo stupendo e luminoso azzurro del grande cielo e dell’acqua in basso, con i verdi squillanti dell’erba e quelli più profondi dei due cipressi, con il giallo che di lì a poche settimane diventerà quello dei campi di grano e finanche il rosso appena esibito del vestito della piccola lavandaia e del tetto della casa sulla destra».

Nella «casa gialla», dove riunisce vita privata e studio, in place Lamartine ad Arles, vagheggia l’esperienza di comunità che Gauguin ha realizzato a Pont-Aven, in Bretagna. E grazie all’aiuto del fratello Théo convince Gauguin perché venga a trovarlo. Comincia così a dipingere per decorare con le sue opere la stanza che ospiterà Gauguin. Ha letto ne La Revue des Deux Mondes che Petrarca e Boccaccio si incontraro­no a metà XIV secolo

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