Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
L’apertura «alla luce» e l’incontro con i maestri
Parigi Il rapporto con gli impressionisti e Seurat
uando si vedono per la prima volta i lavori degli Impressionisti si rimane delusi: le loro opere sono brutte, disordinate, mal dipinte e mal disegnate, sono povere di colore e addirittura spregevoli. Questa è la mia prima impressione quando sono venuto a Parigi». Così scrive Vincent van Gogh alla sorella quando, nel 1886, trasferitosi a Parigi dove vive e lavora l’amato fratello Théo, incontra la pittura degli impressionisti. È reduce dall’esperienza negativa dell’Accademia di Anversa che ha provato a frequentare per acquisire quella solidità tecnica che ancora gli manca. Ma il tentativo naufraga; i suoi disegni vengono addirittura derisi e il pittore è invitato a seguire i corsi riservati ai principianti, ritrovandosi lui, trentatreenne, a disegnare con bambini di dodici anni.
Nonostante questo non si scoraggia ed è anzi fermamente convinto di quanto ha realizzato fino ad ora. La sua pittura si era sempre ispirata al realismo e, in particolare, a Jean-François Millet, capostipite della scuola di Barbizon. Vincent letteralmente adora Millet, pittore che, per primo, compie il gesto rivoluzionario di scegliere un soggetto pittorico fino ad allora evitato: la vita contadina e agreste, colta nelle sua attività quotidiana.
Quando Van Gogh arriva a Parigi, di Millet non c’è davvero più traccia. Per lungo tempo l’impressionismo aveva preso il sopravvento ma ormai, anche l’âge d’or dell’impressionismo è tramontata. Era stato che invece è già una sua chiara priorità stilistica. E non vi trova nemmeno il magistero tecnico della scuola di Barbizon. D’altra parte in quegli anni Parigi è in fermento, regna in città una vitalità incredibile e Van Gogh ha bisogno di continuare le sue ricerche tecniche.
A Parigi si radica e cresce in lui l’interesse per l’arte giapponese. Van Gogh aveva già acquistato delle stampe ad Anversa, trasmettendo al fratello Théo quell’amore per l’arte asiatica che a Parigi si radicalizza: «Non si potrebbe studiare l’arte giapponese, mi sembra, senza diventare molto più sereni e più felici: dobbiamo ritornare alla natura, nonostante la nostra educazione e il nostro lavoro in un mondo convenzionale... Invidio ai giapponesi l’estrema nitidezza che tutte le cose hanno presso di loro. Il loro lavoro è semplice come respirare».
A Parigi Vincent segue i corsi di Fernand Cormon e diventa amico di Paul Gaguin. Nel 1887 organizza infatti al Café du Tambourin la mostra del gruppo «du petit boulevard», con Gauguin e Bernard. Diventa anche amico di ToulouseLautrec. Di loro apprezza la carica