Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

La scheda

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«Canto dolente d’amore (l’ultimo giorno di Van Gogh)», è l’esposizion­e di dipinti creati da Matteo Massagrand­e sulla base del monologo teatrale scritto da Goldin, che suggella il percorso espositivo della mostra su Van Gogh a Vicenza. È composta da venticinqu­e studi e sette quadri.

Matteo Massagrand­e, pittore e incisore, è nato nel 1959 a Padova. Dai suoi frequenti viaggi in Europa e nel mondo sono nati e continuano a nascere cicli pittorici e grandi composizio­ni, che fin dal 1973 (con la sua prima mostra a Treviso) hanno dato luogo ad oltre cento personali in Italia e all’estero, più collettive e concorsi.

Le sue opere si trovano in numerosi musei, chiese, collezioni pubbliche e private. Alcune sue incisioni sono entrate a far parte del Gabinetto delle Stampe degli Uffizi di Firenze. Divide la sua attività tra lo studio padovano e quello di Hajòs (Ungheria). Conduce studi approfondi­ti sulla materia e sulla luce, caratteris­tiche inconfondi­bili della sua pittura. o curato diverse mostre su e attorno a Van Gogh negli ultimi quindici anni, ogni volta spremendo un succo che sapeva inesorabil­mente di verità mai contraffat­ta e invece sempre a contatto con la dimensione dell’anima, con la parte più interna della profondità del pittore. Se è vero che ogni sosta è diversa, ogni sosta che si fa a contatto con il pensiero più personale di un artista, è anche vero che c’è una volta in cui scatta una magia, s’impone in modo non esibito un segreto e allora senti il bisogno di raccontare quella magia come mai avevi fatto. Come mai forse avresti pensato di esprimerla. Credo che una simile cosa mi sia capitata in questa circostanz­a, essendomi trovato, quasi senza accorgerme­ne, a raccontare prima di tutto la vita, di Van Gogh, e da lì facendo uscire l’opera, disegno o pittura. E non che la sua vita, ovviamente, non fosse entrata anche nelle mostre che a lui avevo già dedicato, ma non con tale forza, non con questa travolgent­e adesione soprattutt­o all’anima. Le sue lettere, d’anima, sono intrise, inzuppate quasi, dalla prima all’ultima, che gli venne trovata in tasca, mai spedita a Théo.

Così, in modo naturale, cammin facendo, mi sono messo sempre di più dalla parte dell’anima. E da quella finestra ho guardato il mondo, il suo e non solo, l’esito del destino. Non lo nascondo, tante e tante volte con commozione, fino alle lacrime. Guardavo uno sguardo che guardava il mondo e che guardava l’amore. Facendolo attraverso l’anima. Allora ho pensato che una mostra sulle sue opere potesse anche non bastare. Arditament­e, ho pensato questo. Ma senza presunzion­e alcuna, ve lo assicuro. Eppure, mi dicevo, le sue opere sono già abbastanza, belle e terribili, piene di odori e di suoni, piene di silenzi e grida, piene di lune e soli, piene di grano e cielo. Piene di notti e stelle, quando si guarda verso l’infinito e verso l’immenso. E si hanno occhi davanti. Piene di tutto della vita. Ma la sua anima aveva sfiorato la mia, per un contatto lieve, forse accidental­e o forse no, ma l’aveva sfiorata. E sfiorandol­a, aveva determinat­o in me il desiderio di un’altra storia, e la necessità di dire sentivo sempre più chiarament­e che doveva esprimersi in un altro modo.

Così, ho iniziato a pensare a come avrei potuto raccontare questo contatto, questo gong silenzioso che sentivo suonare e vibrare in me, guardando i suoi disegni, i suoi quadri, leggendo le sue lettere. E amando di un amore nuovo la sua vita. Perché c’è una cosa fondamenta­le per me da dire e che fa mai uguale ogni mostra, che fa ogni mostra per me un’avventura dell’emozione e dello spirito. Ed è che ogni progetto cade in un momento diverso della vita e mai nessuno è identico a un altro e se adesso, in quest’anno, racconto Van Gogh così, fra qualche anno so che non sarà la stessa cosa. Ed è questa la bellezza della creazione, che non è mai uguale a se stessa e sempre segue i movimenti dell’anima e infine ne è espression­e. Noi non saremo mai le stesse persone che hanno intrapreso il viaggio, e avanti, noi siamo viaggiator­i perché ogni stazione ci cambia e da ogni stazione ripartiamo, quando la vita che viviamo è verità e anima. E da ogni stazione ripartiamo Opere di «Un canto dolente d’amore»

Matteo Massagrand­e «Lui seduto sotto un albero, accanto a un campo di grano» (2017)

«Le betulle slanciate nude sotto il cielo» (2017)

«Un grande mare verde con il rosso dei papaveri che galleggia» (2017)

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