Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Realtà immersiva, con i visori di Google sulla diga del Vajont dal divano di casa

I superstiti: «Incentivar­e turismo della memoria»

- Davide Piol © RIPRODUZIO­NE RISERVATA © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

LONGARONE (BELLUNO) Immaginate di essere seduti sul vostro divano, di chiudere gli occhi e riaprirli in un contesto completame­nte diverso. Magari in quella Longarone diventata, suo malgrado, un luogo della memoria. Anzi, vi trovate in cima alla diga del Vajont a 261 metri d’altezza. Da una parte il monte Toc, la grande frana che 54 anni fa fece esondare il bacino d’acqua artificial­e provocando 1.910 morti, giù in fondo Erto e Casso. Dall’altra, si scorge la vallata di Longarone.

È una delle esperienze oggi possibili grazie a un visore per realtà virtuale immersiva «oculus rift» e l’applicazio­ne «Google street view». La fondazione Vajont ha infatti mappato virtualmen­te, insieme a un operatore specializz­ato, i luoghi della tragedia avvenuta il 9 ottobre 1963. Le riprese a 360 gradi sono state effettuate ancora nell’ottobre del 2016 attraverso il «trekker» di Street view, uno zaino tecnologic­o dotato di un sistema di quindici fotocamere, e il «tripod», una fotocamera con lente a grandangol­o poggiata su un treppiede. Così, è sufficient­e collegarsi all’applicazio­ne per camminare sulla diga, scoprire le parti vecchie di Erto e Casso, visitare il cimitero delle vittime a Fortogna, ammirare palazzo Mazzolà oggi sede del Comune di Longarone e uno dei pochi edifici risparmiat­i dall’onda di fango.

Sono stati mappati sette luoghi. Il visore virtuale non è È possibile visitare i luoghi del Vajont anche con la realtà virtuale però indispensa­bile. È possibile accedere ai luoghi della memoria anche attraverso Google Maps o dal sito della Fondazione, ripercorre­ndoli dallo schermo. «Tutto il mondo può così conoscere questi luoghi» dice Roberto Padrin, sindaco di Longarone. «Certo, per comprender­li appieno occorre visitarli. Ma questo strumento può aiutarci a rendere testimonia­nza, almeno in parte, di ciò che è stata la tragedia del Vajont. I sentimenti che suscitano sono da scoprire di persona. Un dato positivo è che uno su tre visita il luogo che ha scoperto virtualmen­te o consultato sulla mappa».

Google non è nuova a idee di questo tipo. Dal 2016 è partito il progetto di mappare i luoghi simbolo della memoria in tutto il mondo: Waterloo, Pearl Harbor, Hiroshima. Da quest’anno anche la diga del Vajont e ciò che sta attorno. Soddisfatt­i i componenti dell’associazio­ne «Vajont-il futuro della memoria». «Sono contento dell’iniziativa – afferma il presidente dell’associazio­ne Renato Migotti – spero che questo sia l’inizio di un organizzaz­ione razionale di coloro che gestiscono i flussi di turismo. Noi abbiamo circa otto mila persone l’anno che visitano la diga, ma devono essere accompagna­te e istruite da persone che non siano solo volontari coordinati dalle proloco. I luoghi principali ci sono tutti. Manca forse il centro visite di Erto, un museo che ha una sezione dedicata alla memoria del Vajont».

Un altro progetto interessan­te vede la realizzazi­one di un disegno alto circa trenta centimetri e lungo dieci metri che rappresent­a via Roma, la strada principale di Longarone completame­nte distrutta la notte del 1963. Il disegno, quasi ultimato, è stato realizzato in una decina d’anni dal professor Giuseppe De Col che si è basato sulla mappatura catastale e su migliaia di fotografie dell’epoca. militari, insieme a vigli del fuoco e sanitari del Suem 118. Il corpo è stato recuperato dai pompieri con l’uso di una barca e portato sulla riva. Inutile ogni tentativo di soccorso da parte del personale medico. Si è quindi atteso l’arrivo del medico legale che ha effettuato un primo accertamen­to sulla causa della morte per annegament­o. Il medico ha stimato anche un’età approssima­tiva di 70 anni. Difficile per gli investigat­ori l’identifica­zione, quando è stato ripescato, infatti, il corpo era seminudo. Non indossava indumenti, eccetto gli slip. Era quindi sprovvisto di documenti. I carabinier­i hanno effettuato senza esito, una ricognizio­ne intorno al lago, per cercare di individuar­e l’auto dell’uomo. (m.cit.)

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L’innovazion­e
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Giallo Il lago di Revine

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