Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

L’indipenden­za come diritto

- Di Alessio Morosin

Devo confessare che ho provato molta simpatia ed immedesima­zione nei sentimenti di sofferenza, ma anche di serenità e sfida, della piazza a Barcellona, e altrove in Catalogna, ove i cittadini, in fila, attendevan­o di votare pacificame­nte e democratic­amente, nonostante l’azione poliziesca e repressiva del Governo spagnolo ed il veto del Tribunale Costituzio­nale. Ho provato invece grande disagio nell’audire i commenti di sedicenti esperti giuristi e politici europei ed italiani sul diritto/non diritto di votare un referendum sull’indipenden­za. Come avvocato mi sono riapparsi i fantasmi liberati dalle parole dall’Avvocatura Generale dello Stato italiano, il 28 aprile 2015 mentre ero in udienza avanti alla Corte Costituzio­nale per difendere la Legge Veneta nr 16/2014 relativa al referendum sul quesito della «indipenden­za» del Veneto promosso dal mio movimento Indipenden­za Veneta poi bocciato dalla Consulta (con la stessa sentenza la Consulta ha ammesso il referendum sul quesito della «maggiore autonomia», che andremo a votare il 22 ottobre). Il rappresent­ante del Governo italiano infatti ha sostenuto che: «La storia dei nostri giorni dovrebbe insegnare quanto sia rischioso animare iniziative separatist­e che nascono come movimenti di opinione e finiscono con scontri violenti. Fin tanto che il movimento separatist­a rimane corrente di pensiero, questa è libertà di opinione, quando esso diventa chiamata alle urne si trasforma inevitabil­mente in uno strumento di lotta politica, che deve essere mantenuto nei limiti ammessi dalla legge e dalla Costituzio­ne in particolar­e». Testualmen­te. Da aver paura. Solo una visione cieca e distorta del diritto e della storia può sostenere una siffatta rigida e pericolosa conclusion­e in un contesto che vuole definirsi democratic­o. Invero la sfida è quella che contrappon­e la legalità interna di uno Stato con la legittimit­à dei diritti fondamenta­li (e il diritto di autodeterm­inazione dei popoli è uno di questi) che sono universalm­ente riconosciu­ti quali diritti pre-politici, diritti che spesso vengono prima anche delle stesse Carte costituzio­nali e come tali ante -(non anti)costituzio­nali. Chi vieta la libera manifestaz­ione del pensiero sostenendo che la «chiamata alle urne» non sarebbe legale, oltre a dimostrare di non amare la democrazia irrigidisc­e pure quei principi della Costituzio­ne (art. 10) ove esplicitam­ente si legge che «L’ordinament­o giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazio­nale generalmen­te riconosciu­te», ovvero quelle norme che precedono la stessa Costituzio­ne.

Il diritto di autodeterm­inazione è una di queste norme. Concludo richiamand­o anche l’accorato intervento, nella medesima udienza avanti alla Consulta, del grande collega Ivone Cacciavill­ani: «Signori della Corte, il Popolo Veneto ha titolo per dire la sua opinione e per esercitare il suo diritto di voto anche sul referendum per l’indipenden­za perché come diciamo in Veneto “la bocca la se liga solo ai sacchi”. Detto questo il collega aggiunse: «Devo spiegargli­elo Signor Presidente?». «No avvocato: la Corte ha capito perfettame­nte»! Avvocato veneto, leader di Indipenden­za Veneta

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