Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
PEDRO, TRENT’ANNI DI ANTAGONISMO A NORDEST
Casarini: «Mi sono un po’ imborghesito, ma non rinnego la violenza per fini nobili». I sindaci, la città, gli inquirenti
Il 7 ottobre del 1987 da un gruppo di studenti capeggiati da Luca Casarini (in una foto d’epoca), all’epoca giovane universitario, nasceva il centro sociale «Pedro». Il primo del Nordest. Sono passati trent’anni tra scontri, polemiche, lotte.
PADOVA Una spina nel fianco, di tutti. Dei sindaci che si sono susseguiti dal 1987 ad oggi, degli investigatori che hanno gestito l’ordine pubblico dopo gli anni di piombo con il timore che qualcosa sfuggisse di mano, che la città ricadesse nel terrore. Questo è stato ed è il centro sociale «Pedro» che oggi compie 30 anni. Era stato fondato il 7 ottobre del 1987 da un gruppo di studenti capeggiati da Luca Casarini, all’epoca giovane universitario. Il quale ora di anni ne ha 50, vive a Palermo, è nel direttivo nazionale di Sinistra Italiana, ed è uscito ormai dalle contestazioni sulla strada.
Il «Pedro» è stato il primo del Nordest, seguiva il percorso segnato dal Leoncavallo di Milano, da El Paso di Torino. In questo lungo percorso ha collezionato battaglie vinte e perse, contraddizioni, critiche per la violenza nei cortei, è stato al centro di recriminazioni tra opposte fazioni. A testimonianza che, nel bene o nel male, il centro sociale ha un peso sociale e politico nella città, ci sono i fatti recenti. L’ultimo atto è del 17 luglio scorso. Poco dopo l’insediamento della nuova amministrazione di centrosinistra, Forza Nuova e il Fronte Veneto Skinhead avevano avuto dalla questura l’autorizzazione a un presidio contro lo ius soli. È scattata la contromanifestazione del Pedro, sfociata in un duro scontro con la polizia che ha portato ad agenti feriti e due giovani studenti arrestati. È stato un vero e proprio assist, questo, per il sindaco uscente Massimo Bitonci che accusò la giunta di Sergio Giordani di essere ostaggio degli autonomi, di aver fatto un patto con loro tanto da portarsi in consiglio comunale alcuni esponenti della sinistra radicale (Ruffini e Ferro ndr), considerati vicini ai contestatori. L’esordio della giunta Giordani è stata quindi una battuta in difesa, costretta a ribadire il no alla violenza, il sì al dialogo.
Tutto questo per dire che sono passati 30 anni, ma il Pedro, che ha vissuto fasi alterne fatte di «pace» dialogo con le amministrazioni, e «guerra» e contestazioni nei cortei, è ancora lì a a rompere gli schemi, a costringere chi governa la città a farci i conti.
Per capire la sua storia è necessario partire dalla genesi. Il Pedro è dedicato a Pietro Maria Walter Greco, detto Pedro, di Autonomia operaia, insegnante, latitante dopo i mandati di cattura del ‘79, ucciso dalla Digos e dai Servizi il 9 marzo 1985 a Trieste, a 38 anni. «Ricordo bene quel giorno, ero uno studente delle superiori, partecipavo a qualche incontro politico – dice Luca Casarini - la morte di Pedro generò una reazione nella rete degli antagonisti rimasta paralizzata dalla fine degli anni ’70: dal sette aprile 1979 a Padova non veniva autorizzata nessuna manifestazione. L’assassinio di Pedro a Trieste, colpito alle spalle, ammanettato praticamente da morto, provocò una sollevazione di tutti noi. La gente tornò in piazza, quell’assassinio unì tutti, per me fu un battesimo».
In vent’anni Casarini ha accumulato condanne che sta ancora pagando: «Non mi ricordo quante denunce ho preso, so che adesso devo essere a casa dalle 22 alle 7 del mattino, e se mi sposto devo avvisare la questura: è il risultato di una sentenza per l’occupazione di una casa a Mestre spiega - ma non rinnego nulla di quello che ho fatto, i cortei violenti? giustifico ancora gli atti di forza se hanno il nobile obiettivo di cambiare leggi sbagliate - e continua - ricordo che il primo a volere la mia testa fu Giancarlo Galan perchè gli occupavamo i cantieri del Mose, per come è andata a finire è chiaro che la storia ci ha dato ragione». Casarini, simbolo, padre del movimento dei disobbedienti del Nordest, è stato anche al centro di polemiche quando aprì una partita iva per dar vita ad uno studio di co-working a Pado- va, disse che il popolo delle Partite Iva faceva bene a non pagare le tasse «visto che tanto le tasse servono a pagare gli armamenti». «Lo penso ancora, non ritratto nulla» dice oggi che la sua vita è cambiata ancora. Alla domanda se non si senta un po’ borghese in questo suo nuovo ruolo la risposta è «sì, mi capita di sentirmi così, infatti ogni tanto devo tornare in un centro sociale per riconnettermi alla realtà».
Nel corso degli anni sono state tante le contestazioni. Nel 2000 i disobbedienti bloccavano i treni che portavano armi alle base americane, poi ci fu Genova, le battaglie dei No dal Molin contro l’allargamento della base americana vicentina, le contestazioni alla Lega, a Berlusconi. In città tutti ricordano gli scontri con la polizia per lo sgombero di Via Anelli, le occupazioni delle case al Portello. Intanto tempo passava, nuovi leader si affacciavano: Max Gallob, Sebastian Kohlsheen, Enrico Zulian. E cambiavano anche i sindaci. «Si è parlato con loro, senza i conflitti con il Pedro non avremmo avuto il grimaldello giusto per spingere il governo a realizzare appartamenti per i poveri» dice Settimo Gottardo. «Ho cercato con loro il dialogo - afferma Flavio Zanonato - anche ricordo le contestazioni di via Anelli, eppure per questa città hanno avuto un peso sociale rilevante: la festa di Radio Sherwood era un momento importante per la città, non ho mai messo i bastoni tra le ruote e
L’ex sindaco Massimo Bitonci (Lega) Io per loro ero un nemico, ma non ci sono stati scontri, a me non hanno mai chiesto nulla, al contrario stanno chiedendo molto all’attuale sindaco