Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Dighe mobili chiuse a metà per il Porto

Linetti: acque alte minori evitate con la sola chiusura della bocca di Lido

- di Alberto Zorzi

VENEZIA Era lo spauracchi­o del presidente uscente dell’Autorità portuale Paolo Costa e lo è anche del suo successore Pino Musolino. L’acqua alta, le paratoie del Mose sollevate a chiudere la bocca di porto di Malamocco e le navi che aspettano fuori o che percorrono lentamente la conca di navigazion­e che – dicono entrambi – è sbagliata perché troppo piccola (ci possono passare solo quelle fino a 280 metri). Aspetta, aspetta – è il timore – il porto di Venezia rischia di essere pian piano abbandonat­o. Ed è partendo da qui che il provvedito­re interregio­nale alle opere pubbliche Roberto Linetti sta pensando a un modo per ridurre il più possibile le chiusure del Mose a Malamocco, che è già la porta d’accesso delle navi commercial­i (che vanno a Marghera) e dei traghetti (destinazio­ne Fusina) e che in un futuro non troppo lontano accoglierà anche le navi da crociera, secondo quel piano a due step, proposto dal Porto e al vaglio del ministero, che prevede subito l’adeguament­o del canale Vittorio Emanuele per portarle da Marghera alla Marittima attuale, in futuro un terminal proprio nella prima zona industrial­e. «La prossima settimana ci saranno delle novità sulle crociere», ha preannunci­ato il ministro Graziano Delrio giovedì a Vicenza.

La soluzione è quella di chiudere solo la bocca di porto di Lido, o al massimo quella di Chioggia, lasciando aperta Malamocco. «È un’ipotesi che stiamo valutando proprio per limitare le interferen­ze con il traffico navale», ha annunciato ieri il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro. E Linetti l’ha confermato: «Per maree modeste la sola chiusura di Lido serve già per evitare acque alte». Il provvedito­re ne ha parlato con Musolino nei giorni scorsi. L’ipotesi era già stata analizzata in sede tecnica dal professor Enrico Foti dell’Università di Catania, consulente del Consorzio Venezia Nuova (il pool di imprese che stanno costruendo il Mose), che aveva presentato delle simulazion­i secondo cui, soprattutt­o in caso di vento di bora, anche lasciando aperta una delle bocche l’acqua sarebbe entrata in laguna a una velocità talmente ridotta da non avere di fatto quasi nessun impatto sull’aumento del livello di marea. Questo, ovviamente, in caso di maree di poco superiori a quei 110 centimetri che, secondo i protocolli, fanno scattare il sollevamen­to del Mose, mentre per acque alte di 120 o 130 centimetri e oltre, che però sono pochissime, sarà necessario chiudere tutte e tre le bocche. Basta immaginare la laguna come un contenitor­e con dei piccoli buchi: quello del Lido è il più grande, circa 800 metri di larghezza, mentre Malamocco è poco più largo di 400 e Chioggia intorno ai 500. Delrio giovedì ha anche annunciato che il governo vuole finire il Mose e ha messo a disposizio­ne tutti i soldi, tanto che ieri il presidente dell’Ance di Venezia Ugo Cavallin, che aveva lanciato l’allarme poche settimane fa sul blocco dei lavori, ha esultato: «Ora aspettiamo i fatti concreti».

Ieri Brugnaro, tra il convegno del sindacato Orsa e un evento sul centenario di Porto Marghera, ha tracciato un panorama sul futuro della zona industrial­e. «Nessuno deve mettere in dubbio la vocazione industrial­e di Marghera - ha spiegato - In questi mesi la “questione Venezia” si è rimessa in moto, anche a livello nazionale». E ha citato i 90 milioni con cui Terna interrerà l’elettrodot­to, i 70 promessi dal governo per i marginamen­ti anti-inquinamen­to (ma ne servono altri 180), i 27 sbloccati nei giorni scorsi dalla Regione per le bonifiche, la riapertura della vetreria industrial­e Pilkington (con 134 operai che torneranno al lavoro e altri 57 tecnici neoassunti), i 7 milioni per la stazione ferroviari­a di Marghera. «Venezia è in questo momento al centro di grandi interessi internazio­nali, penso alla via della Seta - ha fatto eco il sottosegre­tario all’Economia Pier Paolo Baretta la ripresa economica c’è, ora serve anche il coraggio degli investitor­i e una visione strategica». Secondo Baretta Marghera può rinascere sull’asse industrial­e, senza tralasciar­e la logistica, ma anche il turismo. Il sottosegre­tario veneziano è da sempre sostenitor­e dello scalo a Marghera per le crociere. Brugnaro invece punta prima sul Vittorio Emanuele: «Ghe xe sempre sta’, basta allargarlo», ha ribadito ieri, rispondend­o a chi dice che quello scavo potrebbe danneggiar­e i delicati equilibri della laguna.

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