Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Atlantia esce: Save a Marchi e ai fondi

Sul fil di lana, il colosso infrastrut­turale dei Benetton non rischia e consegna il 22,1%, incassando 260 milioni L’Opa va a segno: la nuova proprietà è al 97% e potrà prendersi tutta la società, facendola uscire dalla Borsa

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VENEZIA Atlantia alla fine cede, consegna il 22,1% ed esce dalla partita. E Save finisce così tutta nelle mani di Enrico Marchi e dei fondi stranieri alleati, che possiedono l’80% della società, e che potranno così procedere a chiudere il progetto di far uscire dalla Borsa la società che gestisce gli aeroporti di Venezia e Treviso. Il quadro si è completo, ieri, sul filo di lana dell’ultimo giorno per aderire all’offerta pubblica di acquisto obbligator­ia lanciata dalla Agorà detenuta da Marchi e dai due fondi - il francese Infravia e quello di Deutsche Bank - dopo il cambio di controllo creatosi tra la primavera e l’estate a monte di Save, con il divorzio in Finanziari­a Internazio­nale Holding tra Marchi e il socio di sempre Andrea De Vido, e la formazione della nuova catena di controllo a tre in Milione, che aveva rilevato il 61% di Save e fornito i fondi per liquidare De Vido.

Dopo che già i soci pubblici, dal Comune di Treviso alla Provincia e alla Fondazione di Venezia avevano deciso di aderire, l’attesa era tutta su Atlantia, il colosso infrastrut­turale controllat­o dalla Edizione dei Benetton, che doveva decidere se consegnare il 22,1% di Save messo insieme lo scorso anno, investendo 180 milioni. Una mossa con cui i Benetton bussavano alla porta di Save, e che aveva fatto entrare nella fase decisiva la partita del divorzio tra Marchi e De Vido, con l’operazione da un miliardo con cui Marchi aveva preso a bordo Infravia e Deutsche Bank, in un patto a tre e un governo paritario che confermava Marchi alla guida.

Sterilizza­ta la possibilit­à che Atlantia potesse mettere in pericolo il controllo di Marchi, rimaneva da vedere però se la società dei Benetton avrebbe ceduto le azioni o deciso di rimanere dentro e attendere gli eventi. Anche perché nel frattempo aveva presentato una lista di minoranza per il nuovo cda che verrà eletto nell’assemblea dei soci del 23 ottobre, che poteva lasciar presagire l’intenzione di rimanere. Una mossa, tra l’altro, che poteva essere l’unica in grado di fermare il piano per l’uscita dalla Borsa di Save, dichiarato nell’Opa dalla nuova proprietà. Anche a costo, se non si fosse raggiunto il 90% delle azioni necessarie, di valutare la fusione della società quotata con le scatole di controllo sovrastant­i non quotate.

Alla fine il cda di Atlantia ha scelto la strada più razionale. Quella di consegnare l’intera quota del 22,1% all’Opa lanciata da Agorà, facendo sborsare 260 milioni a Marchi e agli alleati e consolidan­do la plusvalenz­a di 80 milioni realizzata in un anno (pur se sarà da dividere con il fondo Amber e la Fondazione di Venezia, che avevano venduto le azioni che avevano costituito la quota del 22,1%) ed uscire. Un risultato allettante, e che può tornare utile sul fronte dell’Opa lanciata su Abertis se davvero dovesse profilarsi la necessità di un rilancio sul prezzo, a fronte del rischio di rimanere invischiat­i in una società non quotata, con le azioni non vendibili e prezzi comunque in calo, in una società in cui Atlantia non risultava socio industrial­e gradito (tra gli elementi che fanno parte del patto sociale stretto tra Marchi, Infravia e Deutsche Bank c’è anche il divieto di vendere azioni Save ad Atlantia).

A questo punto Marchi e gli alleati centrano il bersaglio completo, pur al carissimo prezzo di dover sborsare 457 milioni di euro. Ieri una nota di Agorà aveva fissato al 34,58% le azioni consegnate all’Opa, rispetto al 39,32% teorico. Con quanto già in suo possesso, azioni proprie comprese, Agorà ha già il 97,56% di Save, sufficient­e per invocare il diritto di acquisto delle azioni residue senza riaprire i termini. Il passo finale dell’operazione sarà far uscire dalla Borsa la società aeroportua­le, che verrà fusa con il veicolo che ha lanciato l’offerta, facendosi carico anche del debito contratto per finanziare l’Opa.

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Finale di partita Enrico Marchi e Gilberto Benetton , leader storico di Edizione

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