Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
INTESA CHIAMA, CHI RISPONDERÀ?
Alcuni giorni fa Intesa San Paolo ha annunciato di aver stanziato, a partire dai primi mesi del 2018, 100 milioni di euro in favore di azionisti delle popolari venete, divenuti suoi clienti per effetto del contratto di cessione concluso con i commissari liquidatori. L’iniziativa è destinata a circa trentamila soggetti in possesso di determinati requisiti, ovvero un reddito annuo lordo non superiore a trentamila euro e un patrimonio mobiliare massimo di quindicimila. Modi e tempi dell’intervento, che ha la dichiarata finalità di fidelizzare i suoi destinatari, non sono ottimali. E’ stato infatti previsto che l’erogazione non avvenga in denaro ma in strumenti finanziari (quote di fondi comuni di investimento a basso rischio) e nell’arco di cinque anni. La proposta è però apprezzabile nel suo complesso per almeno due ragioni. Innanzitutto perché si riconosce che nella vendita delle azioni delle popolari venete sono stati tenuti comportamenti che hanno compromesso la fiducia degli ex soci nei confronti dell’intero sistema bancario. Al contempo l’intervento costituisce una indiretta, ma ineludibile, sollecitazione ai soggetti istituzionali a trovare soluzioni analoghe per gli investitori (circa cinquantamila) che ne sono stati esclusi.
Viene spontaneo allora riproporre la costituzione di un fondo di solidarietà che, a questo punto, sull’esempio dell’iniziativa di Intesa, potrebbe essere destinato agli ex soci delle due che abbiano determinati requisiti reddituali ed essere rapportato ad una quota delle somme investite. Come ho già sostenuto in altre occasioni lo stesso intervento normativo potrebbe prevedere che la liquidità necessaria sia ricavata dalle sanzioni comminate dalla Consob ai vertici delle due popolari (4,145 milioni per i vertici di Veneto Banca e circa 9 per quelli di Bpvi), una volta che fossero confermate in sede giudiziale. Una simile soluzione consentirebbe di assicurare un ristoro almeno parziale a coloro che hanno visto azzerati i loro risparmi e che quasi sicuramente non ricaveranno nulla dalle procedure di liquidazione. Bisogna infatti tener presente che contribuiranno a formare i relativi passivi importi ragguardevoli, come quelli delle sanzioni dell’Agcom (4,5 milioni di euro a carico di Bpvi e 5 di Veneto Banca) e della Bce (11 milioni a carico di Bpvi) nonché quello, non ancora quantificato ma indubbiamente elevato, delle spese di consulenza e assistenza varie della procedura di selezione del cessionario dei due rami di azienda. L’art. 3, comma 3, del d.l. 99/2017 infatti ha posto anche questo onere a carico delle due società in liquidazione.