Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Referendum day 4 milioni al voto caccia al quorum

Il referendum si gioca sull’affluenza oggi urne aperte dalle 7 alle 23

- Monica Zicchiero © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

VENEZIA É il giorno della sfida autonomist­a: oggi quattro milioni di veneti sono chiamati alle urne per il referendum consultivo. Seggi aperti dalle 7 alle 23. La vera partita si gioca sull’affluenza, dato decisivo, secondo il governator­e Luca Zaia, per poi aprire la trattativa con Roma sulle competenze. Doppia sfida a Belluno dove si vota anche per l’autonomia della provincia.

e

VENEZIA A sei mesi dall’indizione, è arrivato il giorno della verità per il referendum autonomist­a del Veneto. La campagna elettorale è durata anni, iniziata ben prima della legislatur­a, con continui bracci di ferro tra il Veneto e il governo. E come in una matrioska, più di recente, anche il braccio diferro tra la zona montana e palazzo Balbi ha dato vita ad una consultazi­one di stampo federalist­a e oggi in provincia di Belluno gli elettori avranno al seggio due schede, una azzurrina per la consultazi­one veneta e l’altra rosa per dire se vogliono che lo Stato e la Regione accordino alla Provincia maggiore autonomia.

La data nella quale la vicenda referendar­ia del Veneto inizia è il 19 giugno 2014, quando il consiglio Regionale approva la legge sul referendum consultivo sull’autonomia del Veneto. Due mesi dopo il governo la impugna davanti alla Corte Costituzio­nale contestand­o i cinque quesiti: «Vuoi che la Regione del Veneto diventi una regione a statuto speciale?»; «Vuoi che una percentual­e non inferiore all’ottanta per cento dei tributi pagati annualment­e dai cittadini veneti all’amministra­zione centrale venga utilizzata nel territorio regionale in termini di beni e servizi?»; «Vuoi che la Regione mantenga almeno l’ottanta per cento dei tributi riscossi nel territorio regionale?»; «Vuoi che il gettito derivante dalle fonti di finanziame­nto della Regione non sia soggetto a vincoli di destinazio­ne?» e «Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolar­i di autonomia?».

La Corte a giugno del 2015 respinse i primi quattro come incostituz­ionali e ammise l’ultimo, quello sul quale oggi sono invitati ad esprimersi 4.068.577 elettori, 330mila dei quali residenti all’estero. La domanda richiama la dicitura del terzo comma dell’ articolo 116 della Costituzio­ne, che prevede che «Ulteriori forme e condizioni particolar­i di autonomia» possano essere attribuite alle Regioni a statuto ordinario «con legge dello Stato, su iniziativa della Regione interessat­a, sentiti gli enti locali» mentre le materie per le quali è possibile chiedere una gestione autonoma regionale sono elencate dall’articolo 117 della Costituzio­ne. L’elenco è lungo (rapporti internazio­nali e con l’Unione europea delle Regioni; commercio con l’estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzion­i scolastich­e e con esclusione della istruzione e della formazione profession­ale; profession­i; ricerca scientific­a e tecnologic­a e sostegno all’innovazion­e per i settori produttivi; tutela della salute; alimentazi­one; ordinament­o sportivo; protezione civile; governo del territorio; porti e aeroporti civili; grandi reti di trasporto e di navigazion­e; ordinament­o della comunicazi­one; produzione, trasporto e distribuzi­one nazionale dell’energia; previdenza complement­are e integrativ­a; coordiname­nto della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzaz­ione dei beni culturali e ambientali e promozione e organizzaz­ione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale) e l’idea di Palazzo Balbi è quella di chiederle tutte al governo.

Anzi, il progetto di legge e la base dell’eventuale negoziato col governo in caso di vittoria del sì e di superament­o del quorum è praticamen­te già scritto, si tratta di 56 articoli che elencano con dovizia di dettagli come e cosa il Veneto vuole far da sé e sono contenuti nell’allegato alla delibera di giunta 315 del 15 marzo 2016. L’ultimo articolo, il 56, parla

dell’attribuzio­ne delle risorse ai sensi dell’articolo 119 della Costituzio­ne: «Spettano complessiv­amente alla Regione, oltre alle singole devoluzion­i di gettiti per specifiche funzioni indicate negli articoli precedenti e agli attuali tributi propri, le seguenti quote di comparteci­pazione ai tributi erariali riscossi nel territorio della Regione stessa: 1) nove decimi del gettito dell’Irpef; 2) nove decimi del gettito dell’Ires; 4) nove decimi del gettito dell’imposta sul valore aggiunto». È la sfida al residuo fiscale, la quota di tasse che aziende e residenti veneti versano e che non tornano sul territorio, terreno sul quale si è giocata la parte più accesa della campagna elettorale.

Una consultazi­one per molti versi anomala. E non solo perché ai 4.739 seggi (dei quali 47 negli ospedali) che ieri si sono insediati, oggi gli elettori troveranno matite copiative blu. O rosse. Perché non sarà necessario mostrare agli scrutatori la tessera elettorale e invece del solito timbro sarà rilasciata una ricevuta di voto col gonfalone del Veneto. Ma anche perché non c’è un vero contraddit­torio tra favorevoli e contrari al federalism­o. La Regione è tutta schierata per il Sì, come la maggior parte dei partiti e non esiste un fronte del No. Si è formato invece un agguerrito comitato per astensione tra sinistra Pd, Mdp e Sinistra Italiana e parte del governo. Più che sull’esito - scontato - la partita si gioca quindi sull’affluenza. Il presidente Luca Zaia ha più volte ripetuto che se un veneto su due starà a casa, cestinerà tutto e non avvierà la trattativa con lo Stato. Una partita politica sulla quale pesa un dato tecnico, quei 330mila elettori veneti all’estero che non possono votare fuori sede e che costituisc­ono l’8,11% degli aventi diritto. E per considerar­e valido l’esito, è necessario che si rechino alle urne la metà più uno degli aventi diritto, con una soglia del quorum di 2.034.289 votanti. Il dato politico è che la Lega ha voluto la consultazi­one immaginand­o un plebiscito, per poter andare a trattare l’autonomia col la forza del voto popolare alle spalle. Secondo i politologi, per poter parlare di un successo sarebbe necessaria un’affluenza del 5560%.

Il referendum è consultivo e domani, a urne chiuse e spoglio fatto, non cambierà niente nell’immediato. Per arrivare all’autonomia, Regione e Stato devono aprire infatti la ormai celebre trattativa. In teoria, anche in caso di mancato quorum la Regione potrebbe avviare il negoziato con lo Stato. Ed è su questo che si è giocata l’altra parte della campagna referendar­ia, con mezzo governo a sostenere l’inutilità della consultazi­one, tanto che quattro giorni fa, il presidente dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini ha siglato col presidente del Consiglio Paolo Gentiloni una dichiarazi­one d’intenti per dare avvio alla contrattaz­ione.

Un referendum anomalo, infine, perché per la prima volta è stato organizzat­o (con la collaboraz­ione delle Prefetture accordata dal Viminale) e pagato dalla Regione con 16 milioni di euro da cima a fondo: 4,5 milioni di schede e altrettant­e ricevute, 62.555 manifesti, 10.500 verbali, 5.213 urne e kit, 31mila matite copiative e due milioni di straordina­ri, indennità e vitto ai militari che presidiano i seggi.

 ??  ?? 1 Il fac simile della scheda per votare il referendum autonomist­a del Veneto
2 Il fac simile della ricevuta che verrà consegnata all’uscita dai seggi
1 Il fac simile della scheda per votare il referendum autonomist­a del Veneto 2 Il fac simile della ricevuta che verrà consegnata all’uscita dai seggi
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy