Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Il Csm: «Ecco perché il papà orco non è in carcere»

Figlia stuprata per 8 anni, il vicepresid­ente Legnini: «Il Parlamento non cambiò la legge»

- M. Cit. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

CONEGLIANO «Il Consiglio Superiore della Magistratu­ra era intervenut­o per evitare casi come questi, ma in Parlamento mancarono i consensi». A dirlo, durante «Circo Massimo», la trasmissio­ne di Radio Capital, è stato il vicepresid­ente del Csm Giovanni Legnini, intervenen­do in merito alla vicenda della giovane stuprata per 8 anni dal padre che, condannato a 10 anni in primo grado, si è visto graziare dalla prescrizio­ne. «La posizione del Csm, espressa proprio in merito alla riforma del penale, è che sarebbe stato auspicabil­e sospendere totalmente la prescrizio­ne dopo la sentenza di condanna di primo grado – ha spiegato Legnini -. Questo risolvereb­be alla radice i problemi che si possono determinar­e in casi come quello accaduto a Treviso».

Una vicenda terribile, quella che ha visto vittima per tanto tempo la bambina, diventata nel frattempo una donna: stuprata dal padre, alcolista e violento, che era arrivato anche a «cederla» agli amici al bar precipitan­dola in un orrore dal quale solo dopo anni è riuscita a riemergere. A salvare l’uomo dal carcere è stata una sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che, nel giugno scorso, ha riqualific­ato da «speciale» a «comune» l’aggravante dell’aver commesso il fatto ai danni di un minore. Questo ha portato a un ricalcolo dei termini della prescrizio­ne che ha costretto i giudici a decretare il non luogo a procedere. Giudici che, invece, hanno confermato la condanna civile al risarcimen­to alla vittima, sancendo così la colpevolez­za del papà-orco. «Posso tollerare il fatto che non vada in carcere, ma non avrei sopportato che i giudici non mi avessero creduta» ha commentato la giovane tramite il suo avvocato, Aloma Piazza. Ma il suo non è l’unico caso. E quel pronunciam­ento delle Sezioni Unite della Cassazione non è la sola causa: a volte bastano i tempi della giustizia, con gli anni che si accumulano tra primo e secondo grado, a determinar­e le sorti di un processo. Per questo, spiega il vicepresid­ente del Csm, c’era stata quell’istanza al legislator­e: «La nostra posizione non ha però trovato consensi e una maggioranz­a in Parlamento. Questo è un tema divisivo. Mi auguro che l’intervento recente del legislator­e, con la riforma del processo penale, che determina la sospension­e della prescrizio­ne per un anno e mezzo per ogni fase di giudizio, possa cambiare le cose. Ricordiamo che ci fu nel 2005 con la legge cosiddetta “ex Cirielli” un intervento gravemente riduttivo dei termini della prescrizio­ne che è all’origine di questi esiti».

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Un caso nazionale L’uomo, condannato a 10 anni, non andrà più in cella

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