Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
«Industria 4.0, fronte degli atenei»
Baretta a Univerò. E Micelli: «Il Nordest non deve giocare di sponda»
VERONA Industria 4.0, il piano con cui il governo Renzi prima e Gentiloni poi promuove a suon di incentivi la trasformazione digitale della manifattura italiana, è anche un salto culturale: accanto ai nuovi macchinari che sostituiscono quelli ormai obsoleti, si affacciano nuove professioni che affiancano e in certi casi rimpiazzano quelle vecchie. Una rivoluzione in corso, con vincitori da sostenere e vinti da non abbandonare.
Nel corso di UniVerò, una tre giorni organizzata dall’Università di Verona sui temi di istruzione e lavoro partito ieri al polo Santa Marta, si è scelto di affrontare di petto questi temi in un dibattito coordinato dal direttore del Corriere del Veneto e di Verona Alessandro Russello. Non a caso, proprio all’Università, il governo assegna un compito fondamentale nel favorire l’incrocio di saperi e competenze con le imprese, con la creazione dei Competence Center, la porta di ingresso per un mondo del lavoro in cambiamento continuo e radicale. Il Nordest, inizialmente lasciato ai margini dal duopolio Milano-Torino, è rientrato in gioco con il fronte comune di tutti gli atenei di Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige. Eppure, negli ultimi tempi, si percepisce qualche problema nella traduzione pratica del progetto, un’impressione che il sottosegretario all’Economia Pier Paolo Baretta non ha del tutto smentito.
«Qui ci sono tante università di eccellenza, tutte importanti e se il Veneto e il Nordest si presentano uniti è impossibile che vengano tagliati fuori - ha detto Baretta - Bisogna parlare a Roma con una sola voce. In caso contrario il rischio c’è». Mario Pezzotti, professore dell’Università di Verona che siede al tavolo per il Competence Center partecipato da nove atenei, assicura che «la volontà di andare avanti è totale». «È importante che la volontà sia unica», incalza Baretta. «La voce unica in Veneto c’è ed è quella della fondazione Univeneto, che raggruppa i nostri quattro atenei», assicura l’assessore regionale all’Istruzione Elena Donazzan. Si troverà una quadra, a prezzo di rinunce dei singoli atenei nell’ottica di un obiettivo comune, o il Nordest della metropoli diffusa, senza centro di gravità, sarà ancora vittima dei suoi campanili?
Sono questioni tutt’altro che peregrine per il Veneto. La verità è che regione che, dopo il referendum sull’autonomia si sente un po’ più nazione, non sa ancora che ruolo ritagliarsi a fronte della sempre maggiore centralità di Milano. In un altro incontro sempre parte del cartellone di Univerò e moderato dal vicedirettore del Corriere del Veneto e di Verona Massimo Mamoli («Cosa serve al Nordest oggi?») sono state squarciate le facili certezze terminologiche attorno al quale cerchiamo di ancorare una realtà che è variegata e complessa. «Dobbiamo decidere quale tipo di pensiero vogliamo esprimere, o se preferiamo giocare ancora di sponda», dice il professor Stefano Micelli, ultimo direttore scientifico di una Fondazione Nordest oggi senza guida. E a proposito di Nordest, inteso come macroarea, attenzione a dare anche questo per scontato. «In Trentino si sente semmai parlare di Euregio, l’area formata da Trento, Bolzano, Tirolo e Baviera», dice Mario Zen, della Fondazione Bruno Kessler. E se la vera regione omogena, dal punto di vista economico, fosse quella «dell’A4», ovvero di tutti quei territori che gravitano sull’autostrada che taglia da est a ovest la pianura Padana? Ecco che, a fronte di questo, l’autonomia tanto invocata non può che essere una risposta parziale. «Permetterebbe di avere risposte più adeguate sul fronte delle infrastrutture argomenta Davide Zorzi, presidente dei Giovani di Confindustria Verona - ma bisogna abbandonare il localismo».
Le imprese hanno bisogno di tutt’altro: cercano giovani cosmopoliti che alle competenze specifiche affianchino fantasia e rapidità di pensiero. «Passati i 50 milioni di euro di fatturato siamo entrati in un nuovo campionato - racconta Katia Da Ros, amministratore delegato di Irinox, azienda leader nella produzione di abbattitori - È aumentata molto l’istruzione dei nostri dipendenti: fino a qualche tempo fa, in un ufficio c’erano un ingegnere e nove tecnici, adesso è il contrario. Da noi conta molto il curriculum, ma anche la voglia di affrontare sfide». «Abbiamo un bisogno folle di ingegneri gestionali - conferma Emanuele Bolzonaro, general manager di Evolvea, - ma in generale cerchiamo laureati giovani che abbiano una visione diversa, una mente fresca». Domanda e offerta di lavoro non sono sempre facili da incrociare, anche perché sempre più giovani se ne vanno all’estero o magari, semplicemente a Milano: «Ma non parliamo di fuga, è giusto che vedano il mondo», sottolinea Maria Raffaella Caprioglio, presidente di Umana. Come riportarli nel Nordest, in Veneto: questa è la vera sfida.