Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Il «vate» Bianchini: «Treviso? Realtà esemplare nel basket»

Storie di sport, aneddoti e il libro del grande coach, ospite del Panathlon

- Matteo Valente © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

TREVISO Storie, aneddoti e curiosità di chi è riuscito a fare grande il basket italiano. Senza trascurare qualche pillola di filosofia hegeliana e alcuni simpatici retroscena della sua «guerra dialettica» con Dan Peterson. Ma anche un’attenzione non di maniera a Treviso, al suo glorioso passato e alla sua rinascita.

È stato un viaggio nel tempo quello che Valerio Bianchini, uno dei più grandi allenatori della nostra pallacanes­tro, ha regalato al Panathlon di Treviso, in occasione della presentazi­one del libro scritto con il giornalist­a Paolo Viberti, «Le mie bombe». Una serata dedicata al basket in una delle piazze che non ha mai avuto il piacere di allenare ma che ha sempre apprezzato. «Quella di Treviso è una vicenda esemplare — ha commentato il tecnico che ha vinto tre scudetti con tre squadre diverse e due Coppe dei Campioni — che ha saputo superare uno dei momenti più difficili della storia del nostro basket: la perdita dei mecenati. Persone che hanno messo grande passione, penso proprio a Benetton. In diverse realtà sono rimaste solo macerie, qui a Treviso siete riusciti a fare qualcosa di incredibil­e, la gente con la passione per questo sport non si è arresa. Questo è fondamenta­le, se non c’è passione, lo sport non sopravvive. E qui alla passione siete riusciti ad abbinare il sogno di fare qualcosa di grande e con 5mila persone di media al Palaverde, direi che ci siete riusciti».

Ad ascoltare i racconti di Bianchini, classe 1943, anche uno dei suoi pupilli, Andrea Gracis, il play con cui vinse lo scudetto nel 1988 a Pesaro. E proprio a proposito dell’attuale diesse di Tvb, Bianchini ha svelato un aneddoto conosciuto da pochi. «Andrea penso sia stato uno degli ultimi veri play — dice Bianchini — pensava soprattutt­o all’organizzaz­ione del gioco ma quando doveva tirava pure e molto bene. Pensate che in quella stagione andammo a fare un torneo Open a Madrid dove incontriam­o la nazionale della Jugoslavia, i padroni di casa e per chiudere, niente meno che i Boston Celtics. Al termine del torneo, andando a scorrere la classifica dei cannonieri vedo che al terzo posto c’è Drazen Petrovic con 57 punti segnati, al secondo un “tale” Larry Bird con 58, e primo in lista quel signore lì, Andrea Gracis, con 59 punti. E pensate un po’, alla gara successiva, è tornato nuovamente a passare la palla e a far girare la squadra come sua abitudine». E fra le tante piccole chicche, non poteva mancare un ricordo dell’amico Mario De Sisti, un altro grande della panchina che ha reso grande Treviso: «Era un uomo simpatico e generoso, mi ricordo ancora che mi raccontava le sue avventure ai tempi del presidente Bordignon». Ma non si può parlare di Valerio Bianchini senza citare Dan Peterson, il suo «nemico cestistico» numero uno: i due sono stati e sono ancora due modelli da seguire per tanti.

«La nostra era una sfida dialettica, pensavo addirittur­a che fosse una spia della Cia — scherza Bianchini — ma non lo facevamo come recita. Sapevo che dovevo “sparare” su Peterson per diventare come quello che sparò a Lennon e finire sui giornali. Ma resto sempre di un’idea: oggi posso raccontare queste cose perché quando sei un giovane allenatore promettent­e, molti sono incuriosit­i, poi quando vinci però, diventi il solito “str…”. E poi, quando alla fine ti ritiri, ecco che allora diventi un venerabile maestro».

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Panathlon il coach Valerio Bianchini nella serata a Ca’ del Galletto

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