Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Ciambetti evoca la lezione catalana «Roma ascolti»
Il presidente del Consiglio regionale Ciambetti: nella capitale qualche mente lucida c’è, speriamo
«Chi soffoca il desiderio di autonomia finisce per innescare l’incendio indipendentista: Roma sappia cogliere la lezione che viene dalla Catalogna»: così Roberto Ciambetti, presidente del consiglio regionale.
Il messaggio è chiaro: Roma (e, con lei, le altre Capitali nazionali) farà bene a cogliere l’essenza della lezione che viene dalla Catalogna: «Dove si soffoca il desiderio di autonomia - avverte Roberto Ciambetti (Lega Nord), la massima carica nel consiglio regionale del Veneto - finisce che, per reazione, divampa l’indipendentismo». E non si sa dove e come può finire la deriva.
Presidente Ciambetti, l’Europa trema per il rischio di una guerra civile in Spagna: oggi tornerebbe in Catalogna per sostenere le ragioni degli indipendentisti?
«Per tornare, ci tornerò a breve, perché ho degli amici vicentini che ci abitano, ma devo dire che oggi non sembra neppure di stare in Europa. Mi auguro caldamente che non ci siano ulteriori iniziative a base di manganelli, sarebbe una cosa da repubblica sudamericana. Il clima non è dei migliori, il mio auspicio è che ci sia ancora spazio per il dialogo e per la politica, che sono drammaticamente mancati negli ultimi mesi, prima che prevalgano gli estremismi».
Lei dice che non sembra di stare in Europa. Ma l’Europa, intesa come Unione, nelle parole dei suoi leader sta dalla parte di Madrid.
«L’Unione è fatta di stati nazionali, che tendono a difendere lo status quo. In questa vicenda si è vista esattamente l’inadeguatezza dell’Europa a gestire una situazione come questa, tra silenzi imbarazzati, timide aperture e poi precipitose chiusure».
Ma perché, visto che parteggiate apertamente per il diritto all’indipendenza della Catalogna, qui in Veneto vi «accontentate» di essere soltanto autonomisti?
«Nessun parallelismo tra le due vicende. Qui abbiamo scelto un percorso nell’ambito della Costituzione, previsto fin dal 1948 e rafforzato nel 2001. Proprio la Catalogna ci deve insegnare qualcosa: nel 2006 il governo Zapatero fece un accordo con i catalani sul nuovo Statuto di Autonomia, nel 2009 quello Statuto venne votato democraticamente nei due parlamenti, spagnolo e catalano, ma poi la Corte Costituzionale di Madrid annullò quel voto, commettendo un autogol clamoroso. È questo che ha scatenato la reazione indipendentista. Il segnale è preciso: ci sono realtà che hanno bisogno di maggiore autonomia rispetto ad altre, comprimerla e mortificarla innesca un percorso secessionista. Non si possono umiliare e mortificare i territori».
Lo dice anche guardando alla trattativa con il governo centrale che ora attende il Veneto?
«Qualche mente lucida a Roma c’è, quindi mi auguro che nella Capitale capiscano bene che il Veneto ha intrapreso il percorso giusto. Sappiano fare tesoro dell’insegnamento che viene dalla Spagna. Mi auguro che la lezione venga colta, ciò che stiamo facendo è tutto previsto nella Carta costituzionale».
Qui c’è un sentimento indipendentista ma noi abbiamo scelto un’altra via
Dica la verità: in quel 57% di veneti che hanno votato al referendum a favore dell’autonomia, c’è anche una forte componente di sentimento indipendentista?
«La correggo: il dato vero, calcolato sui residenti effettivi, è del 62,5%, ed è un dato clamoroso. Indipendentisti ce ne sono sicuramente, ma noi l’abbiamo detto in tutte le salse: qui si parla esclusivamente di autonomia del Veneto. Il sentimento c’è, senza dubbio, però la scelta fatta dalla Regione è di rimanere all’interno della cornice istituzionale».
Proprio voi leghisti, nel frattempo, avete rinunciato alla parola «Nord» nel simbolo: come si spiega questo arretramento rispetto al mito fondativo?
«È pura tecnica elettorale, riferita a questa specifica legge appena approvata (il cosiddetto Rosatellum, ndr), che richiede di avere un simbolo uguale da Vipiteno a Pantelleria. Tra l’altro, recuperando i resti delle altre regioni, andremo a massimizzare i risultati ottenuti nel proporzionale qui al Nord. Cambia il simbolo, non il nome, e vedrete che alle elezioni regionali e locali noi saremo sempre e comunque Liga Veneta-Lega Nord. Su questo il segretario nazionale Toni Da Re è stato chiaro: sul nome Liga Veneta e anche sulla presenza del leone di San Marco nel simbolo».