Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Monte Venda, 2 anni all’ex dg della sanità militare
Soldati morti per il radon dopo 12 anni la prima condanna
PADOVA Soldati morti per l’esposizione al radon nell’ex base Nato sul monte Venda. Dopo dodici anni di inchiesta, due richieste di archiviazione, cinquanta faldoni di consulenze tecniche e perizie, ieri il tribunale di Padova per la prima volta ha condannato un vertice militare per omicidio colposo e lesioni colpose. Due anni (pena sospesa) per Agostino Di Donna, ottantanovenne romano ex direttore generale della Sanità militare. Assolto invece il generale Franco Pisano, 87 anni, di Abano Terme. I colleghi delle vittime: «La battaglia continua».
PADOVA Dodici anni di inchiesta, due richieste di archiviazione avanzate da un pm e respinti dal giudice, cinquanta faldoni di consulenze tecniche e perizie arrivati in aula e soprattutto lacrime su lacrime versate dai familiari delle vittime. Tutto questo si è concluso ieri mattina in un’aula del tribunale di Padova con la lettura di una sentenza storica, quella che per la prima volta condanna un vertice militare per omicidio colposo e lesioni colpose. Vittime, due ex militari dell’Areonautica militare di stanza alla base del Primo Roc, sul padovano Monte Venda, ovvero Nicola Santacroce e Graziano Strazzacappa, morti rispettivamente nel 2010 e nel 2013 per tumori polmonari provocati dall’esposizione al gas radon. A loro, poi, si aggiunge anche un collega, l’unico del gruppo ancora in vita nonostante il tumore ai polmoni che l’ha colpito.
Ad essere stato condannato a due anni (pena sospesa) è Agostino Di Donna, ottantanovenne romano ex direttore generale della Sanità militare. La pena, vista anche l’età avanzata dell’ex vertice militare, è puramente simbolica, ma segna comunque una pietra miliare nel settore. Per la prima volta in Italia, infatti, vertici militari sono stati oggetto di una condanna in s e de penale. Se a questo, poi, si aggiunge anche il fatto che è la prima sentenza che riguarda vittime di gas radon, si può comprendere appieno la commozione dell’avvocato di parte civile, Patrizia Sadocco, e della decina di ex militari che per anni hanno prestato servizio nelle gallerie sotterranee del Monte Venda e che ieri hanno ascoltato emozionati la lettura della condanna. Assolto, per non aver commesso il fatto, il generale Franco Pisano, 87 anni, di Abano Terme. Il giudice Beatrice Bergamasco, nella sentenza, non ha dimenticato il Ministero della Difesa, condannato a risarcire in solido, insieme a Di Donna, le famiglie delle vittime, rinviando però la quantificazione al tribunale civile.
Il processo «Monte Venda» affonda le radici anni e anni fa. Formalmente l’inchiesta è stata avviata nel 2005, eppure che nei sotterranei del Primo Roc, base militare attiva tra il 1958 e il 1998, i militari rischiassero molto era risaputo. Come ha spiegato nella requisitoria il pm Francesco Tonon, titolare del fascicolo, «dal 1988 al 1998 nei ranghi dell’Areonautica militare vi fu una colpevole ignoranza e inerzia nella individuazione dei fattori di rischio ambientale a cui erano sottoposti i militari e nella predisposizione di efficaci soluzioni tese a eliminare o ridurre in modo significativo l’esposizione a tali fattori di rischio». Parole pesanti. Un gas, il radon, prodotto dal decadimento radioattivo del radio, presente in modo particolare in zone vulcaniche e termali qua- le, appunto, il Monte Venda. E questo gas radioattivo naturale riempiva l’aria della galleria scavata a 80 metri sottoterra, nel ventre della montagna tra i comuni di Teolo, Cinto Euganeo, Galzignano e Vo ’ . Sarebbero decine e decine i decessi per malattie legate all’esposizione al radon, molti però ormai cadute in prescrizione. «Abbiamo fatto una ricerca tra tutto il personale che ha lavorato al Monte Ve nda-ha spiegato Giovanni Amato, consulente dell’Unsi, l’Unione nazionale dei sottufficiali italiani - e siamo arrivati alla conclusione che solo nel Triveneto sono una novantina i decessi per malattie tumorali, soprattutto ai polmoni, al colon, allo stomaco e alle leucemie».
Nonostante, quindi, molti sapessero della presenza del radon, le prime segnalazioni sono state presentate solo nel 2003. Sono dovuti trascorrere altri due anni dall’apertura formale dell’inchiesta presso la procura di Padova. Il procedimento non ha avuto la strada spianata: per due volte il primo pm titolare del fascicolo, Orietta Canova, oggi procuratore aggiunto a Vicenza, ha chiesto l’archiviazione, e per due volte il giudice per le indagini preliminari Mariella Fino ha respinto la richiesta, ordinando alla fine l’imputazione coatta. «Senza il coraggio del gip e di un pm molto preparato come Tonon - ha commentato l’avvocato Sadocco -, non saremmo arrivati a questa sentenza. Ora al Ministero della Difesa sanno che anche i vertici militare possono essere condannati in sede penale. Non sono sufficienti gli equi indennizzi alle famiglie arrivate fino ad ora. Quelle sono solo briciole. Vogliamo più tutele».
Pur emozionati e soddisfatti per la sentenza, i familiari delle vittime non hanno voluto commentare la condanna, ancora presi da un dolore che, dopo anni, non si è attenuato. Hanno però parlato i colleghi di lavoro delle vittime, come Franco Carocci, ex tecnico della manutenzione e del controllo del traffico aereo che per 34 anni ha lavorato in quella galleria maledetta. «È stata una battaglia non da poco che però non si è ancora conclusa. Aspettiamo infatti che ci vengano riconosciute visite particolari alle quali abbiamo diritto. Ma noi non ci arrendiamo».