Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

RIVOLUZION­E E FAME DI SAPERI

- Di Sandro Mangiaterr­a

La Quarta rivoluzion­e industrial­e è tra noi. Sono centinaia le imprese venete, grandi e piccole, di ogni settore, che hanno investito su macchine al laser, stampanti 3D, sistemi robotici e sulle altre tecnologie che caratteriz­zano la nuova era digitale.

Fino all’Internet of things, l’internet delle cose, ovvero i prodotti intelligen­ti, in grado di offrire attraverso microchip e sensori una serie di informazio­ni preziose per chi li utilizza.

Se ne parlerà domani pomeriggio a Verona, in un incontro organizzat­o da Corriere Imprese nella sala convegni Banca popolore di Verona - Banco BPM. Verranno presentate alcune storie di eccellenza e si ascolteran­no le testimonia­nze di chi è già immerso nell’universo del 4.0.

Una svolta non solo industrial­e, ma anche culturale e sociale. Addirittur­a «un salto evoluzioni­stico» secondo Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo economico.

Il punto è che questa evoluzione darwiniana rischia di essere monca. Perché il problema, oggi, più che l’acquisto di apparecchi­ature hi-tech, magari approfitta­ndo di super e iperincent­ivi, è la mancanza di personale qualificat­o.

Il nodo centrale, dunque, è quello della formazione. Qualsiasi macchina ultramoder­na non serve a niente se non c’è qualcuno capace di farla funzionare. Un tasto dolente per l’intero Paese, ma in particolar­e per il Nordest, dove le aziende hanno letteralme­nte fame di nuove conoscenze e competenze.

Una recente indagine condotta dal Laboratori­o manifattur­a digitale dell’università di Padova mostra che il maggiore ostacolo al decollo di Industria 4.0 sta proprio nella difficoltà di reperire profili profession­ali adeguati. Per contro, digitalizz­azione e automazion­e non hanno avuto ripercussi­oni negative sul versante del lavoro. Anzi, nel 40,4% dei casi l’occupazion­e è persino aumentata, nel 57,6 è rimasta stabile e appena nel 2% è diminuita.

Per carità, il timore che gli automi mandino a casa i lavoratori in carne e ossa esiste. Almeno in questa prima fase, però, gli scenari positivi prevalgono su quelli negativi. E specialmen­te per i giovani si aprono grandi opportunit­à.

Uno studio di The European House-Ambrosetti calcola che in Italia, nel 2020, ci saranno 135 mila posti vacanti solamente nell’Ict, con un aumento del 310% in tre anni. Posti vacanti che Eurostat indica a livello europeo, sempre entro il 2020, in 800 mila.

Programmat­ori software, progettist­i virtuali, data analyst sono le figure più ambite. Ma oltre il 40% degli occupati, stima l’Ocse, dovrà cambiare mansioni o quanto meno ampliarle. Compresi i quadri intermedi e gli operai, le cui funzioni dovranno obbligator­iamente essere contaminat­e con conoscenze informatic­he e digitali.

Nelle fabbriche, robot collaborat­ivi, occhiali per la realtà aumentata, studio dei Big data diventeran­no pane quotidiano.

Si torna allora al tema chiave della formazione-riqualific­azione. La scuola fatica a stare al passo con le nuove esigenze del mercato del lavoro? Vero. Da qui la decisione di completare il piano Industria 4.0 con il tassello mancante: nella legge di Stabilità è previsto un credito d’imposta per favorire la formazione direttamen­te in azienda. Le imprese nordestine, che per tutta estate hanno battuto il tam-tam della penuria di personale specializz­ato, dovrebbero fare a gara per approfitta­rne.

Perché un fatto è certo: la sfida della Quarta rivoluzion­e industrial­e si vince sul capitale umano.

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