Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
RIVOLUZIONE E FAME DI SAPERI
La Quarta rivoluzione industriale è tra noi. Sono centinaia le imprese venete, grandi e piccole, di ogni settore, che hanno investito su macchine al laser, stampanti 3D, sistemi robotici e sulle altre tecnologie che caratterizzano la nuova era digitale.
Fino all’Internet of things, l’internet delle cose, ovvero i prodotti intelligenti, in grado di offrire attraverso microchip e sensori una serie di informazioni preziose per chi li utilizza.
Se ne parlerà domani pomeriggio a Verona, in un incontro organizzato da Corriere Imprese nella sala convegni Banca popolore di Verona - Banco BPM. Verranno presentate alcune storie di eccellenza e si ascolteranno le testimonianze di chi è già immerso nell’universo del 4.0.
Una svolta non solo industriale, ma anche culturale e sociale. Addirittura «un salto evoluzionistico» secondo Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo economico.
Il punto è che questa evoluzione darwiniana rischia di essere monca. Perché il problema, oggi, più che l’acquisto di apparecchiature hi-tech, magari approfittando di super e iperincentivi, è la mancanza di personale qualificato.
Il nodo centrale, dunque, è quello della formazione. Qualsiasi macchina ultramoderna non serve a niente se non c’è qualcuno capace di farla funzionare. Un tasto dolente per l’intero Paese, ma in particolare per il Nordest, dove le aziende hanno letteralmente fame di nuove conoscenze e competenze.
Una recente indagine condotta dal Laboratorio manifattura digitale dell’università di Padova mostra che il maggiore ostacolo al decollo di Industria 4.0 sta proprio nella difficoltà di reperire profili professionali adeguati. Per contro, digitalizzazione e automazione non hanno avuto ripercussioni negative sul versante del lavoro. Anzi, nel 40,4% dei casi l’occupazione è persino aumentata, nel 57,6 è rimasta stabile e appena nel 2% è diminuita.
Per carità, il timore che gli automi mandino a casa i lavoratori in carne e ossa esiste. Almeno in questa prima fase, però, gli scenari positivi prevalgono su quelli negativi. E specialmente per i giovani si aprono grandi opportunità.
Uno studio di The European House-Ambrosetti calcola che in Italia, nel 2020, ci saranno 135 mila posti vacanti solamente nell’Ict, con un aumento del 310% in tre anni. Posti vacanti che Eurostat indica a livello europeo, sempre entro il 2020, in 800 mila.
Programmatori software, progettisti virtuali, data analyst sono le figure più ambite. Ma oltre il 40% degli occupati, stima l’Ocse, dovrà cambiare mansioni o quanto meno ampliarle. Compresi i quadri intermedi e gli operai, le cui funzioni dovranno obbligatoriamente essere contaminate con conoscenze informatiche e digitali.
Nelle fabbriche, robot collaborativi, occhiali per la realtà aumentata, studio dei Big data diventeranno pane quotidiano.
Si torna allora al tema chiave della formazione-riqualificazione. La scuola fatica a stare al passo con le nuove esigenze del mercato del lavoro? Vero. Da qui la decisione di completare il piano Industria 4.0 con il tassello mancante: nella legge di Stabilità è previsto un credito d’imposta per favorire la formazione direttamente in azienda. Le imprese nordestine, che per tutta estate hanno battuto il tam-tam della penuria di personale specializzato, dovrebbero fare a gara per approfittarne.
Perché un fatto è certo: la sfida della Quarta rivoluzione industriale si vince sul capitale umano.