Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Ex ispettori presi per frenare Bankitalia
Nell’interrogatorio di Adriano Cauduro il ruolo di due ex funzionari di Palazzo Koch: «Cercavano informazioni»
VICENZA Tra colleghi, ci si capisce al volo. E se in Popolare di Vicenza vennero assunti alcuni ex funzionari di Banca d’Italia, non fu certo per caso. Almeno questa era la convinzione che circolava anche all’interno dell’istituto.
Il meccanismo è quello delle «porte girevoli»: si passa dal ruolo di «vigilanti» a quello di collaboratori dei «vigilati». Nei giorni scorsi era stata la stessa Bankitalia a intervenire spiegando che, se anche alcuni suoi ex dipendenti sono finiti alle dipendenze di Gianni Zonin, l’hanno fatto nel rispetto delle regole, senza che questo abbia pregiudicato la solidità delle ispezioni condotte negli anni passati. E questo, fino a prova contraria, nessuno può negarlo.
A dirla tutta, la procura di Vicenza che indaga sul crac della Popolare pare aver verificato a fondo se questa commistione abbia avuto un peso nel fatto che, durante l’ispezione del 2012, nessun funzionario di Palazzo Koch si sia reso conto che i vertici dell’istituto nascondevano centinaia di milioni di operazioni «baciate», cioè l’acquisto di azioni finanziato dalla stessa Bpvi. Dal milione e 165mila pagine di documenti depositati dagli inquirenti a chiusura dell’inchiesta, emerge che sono stati interrogati tutti i funzionari di Bankitalia dell’epoca, e che alcuni di loro sono stati sottoposti anche a intercettazione. Alla fine, nei loro confronti non è emerso nulla di penalmente rilevante.
Ma che la banca attuasse il meccanismo delle porte girevoli, era cosa nota tra i manager. A spiegarlo è stato Adriano Cauduro, all’epoca vice direttore generale di Bpvi e responsabile della Divisione risorse. Era il vice di Samuele Sorato, il braccio destro di Gianni Zonin. I pubblici ministeri Luigi Salvadori e Gianni Pipeschi lo chiamano in procura il 16 settembre del 2016 e lui, candidamente, fa mettere a verbale che «almeno a partire dal 2012 ero a conoscenza della esistenza di operazioni di finanziamento correlato all’acquisto di azioni Bpvi per importi significativi, compiute dai cosiddetti “amici della banca”, che frequentavano i corridoi della banca e organizzavano le cene con esponenti di vertice dell’istituto». E quando l’ha scoperto? «Preciso che è stato nel corso dell’ispezione compiuta da Banca d’Italia presso Bpvi nel corso del 2012, che ho avuto piena contezza del fenomeno. Per quanto a mia conoscenza, nel 2012 le “operazioni di parcheggio” delle azioni ammontavano a un controvalore azionario pari a circa 200-300 milioni di euro».
A questo punto, l’ex vice-dg fa un passo indietro che apre scenari interessanti. «Nel 2007 la Banca d’Italia aveva compiudelle to un’ispezione presso Bpvi dagli esiti molto duri: il rapporto ispettivo conteneva infatti un giudizio nettamente negativo. Il responsabile del Gruppo ispettivo era il funzionario Lattuca e se ben ricordo l’ispezione si era conclusa nell’anno seguente, cioè il 2008». In casi come questi, Bankitalia ordina un nuovo controllo per verificare se, a distanza di tempo, l’istituto di credito si è rimesso in carreggiata. Accadde anche all’epoca: «In seguito, Bankitalia ha effettuato una seconda ispezione, con capogruppo il funzionario Romito, cosiddetta di “follow up” rispetto alla precedente, che si è conclusa con un giudizio positivo per la Bpvi». E qui, Cauduro fa una precisazione non richiesta: «Romito era persona “molto vicina” a Sommella e Lio, all’epoca dirigenti Bpvi con un trascorso presso Bankitalia».
Mariano Sommella e Mario Lio sono due ex funzionari di Palazzo Koch, come ha confermato lo stesso Sommella ai pm il 13 aprile 2016: «Sono entrato in Banca Popolare di Vicenza nel settembre 2008 dopo una lunga carriera in Banca d’Italia come funzionario addetto al servizio ispettivo». Il suo reclutamento avvenne «a seguito dell’interessamento di Lio Mario, ex collega di Bankitalia, che mi mise in contatto con Sorato, da poco nominato Dg». Il motivo? «Lio suggerì il mio nominativo a Sorato in relazione alla esigenza di Bpvi di gestire i rapporti di tipo organizzativo inefficienze riscontrate da Banca d’Italia a seguito delle ispezioni compiute sino al 2008». Così la spiega lui.
Cauduro, che era il vice di Sorato, ha invece una visione un po’ diversa: «Sorato utilizzava i colleghi Sommella e Lio per cercare di avere informazioni e, dal mio punto di vista, per condurre gli accertamenti ispettivi nel senso di ammorbidire gli stessi». Usa proprio questo termine: «ammorbidire». E un esempio è proprio il controllo del 2012: «Bpvi ha subito una ispezione relativa al “rischio sul credito”. Il capo del team ispettivo era il funzionario Scardone, anch’esso molto vicino a Sommella. Con l’espressione “molto vicino” intendo che Sommella e Lio avevano un rapporto di amicizia con i citati ispettori di Bankitalia». A sentire il manager, funzionava così: gli ispettori arrivavano nella sede di Bpvi e si ritrovavano un «comitato d’accoglienza» composto da vecchi amici, ex colleghi e compagni di corso. Andavano a cena assieme, ricorda Cauduro.
«La gestione dei rapporti con i componenti dei team ispettivi durante le ispezioni conferma l’allora vice-direttore generale - era compiuta da Sommella e Sorato, nel senso che entrambi avevano incontri costanti con il personale di Bankitalia, e Sommella teneva la relazione “in continuo” con gli ispettori».
Adriano Cauduro Samuele Sorato utilizzava i colleghi Mario Lio e Mariano Sommella per condurre gli accertamenti ispettivi