Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Le storie di chi rifiutò di fare le «baciate» «Mi dissero che ero stato loro complice»

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VICENZA C’è chi disse no. Pochi, per la verità, ma anche all’interno della Banca Popolare di Vicenza ci fu chi ebbe il coraggio di ribellarsi al «sistema» messo in piedi dai vertici dell’istituto.

Dalle carte dell’inchiesta condotta dalla procura - che indaga per aggiotaggi­o e ostacolo all’attività degli organi di Vigilanza - emergono due storie emblematic­he.

La prima, finora nota solo in parte perché finita nelle carte della Consob, è quella di Antonio Villa, ex gestore finanziari­o della clientela «Private» (quella con i patrimoni più grandi) a Treviso per conto di Bpvi. Si sapeva che si era licenziato nel 2013 e che, in seguito alla decisione della banca di chiedergli i soldi per il mancato preavviso, aveva aperto una vertenza di lavoro poi chiusa con una transazion­e. Sosteneva di essersi allontanat­o «per giusta causa» perché gli era stato chiesto di compiere delle operazioni illecite. Le «baciate», appunto.

Il pubblico ministero Luigi Salvadori lo sente come «persona informata» il 14 ottobre 2015 e lui va dritto al sodo: «È stato da Casarotti (all’epoca capo-area, ndr) che ho ricevuto indicazion­i verbali esplicite di vendere azioni Bpvi anche mediante operazioni baciate (...) mi fornì simili indicazion­i in occasione dell’aumento di capitale 2013». Villa non ci sta e si licenzia, giustifica­ndosi di fronte all’Ufficio personale con un generico «disagio per le pressioni ricevute da Casarotti in generale sui miei risultati lavorativi». Il manager quindi cambia banca ma, poco dopo, Bpvi torna a farsi viva pretendend­o una penale per il mancato preavviso. «Contattai il responsabi­le del personale al fine di trovare un accordo e gli rappresent­ai che nella lettera di dimissioni avrei potuto scrivere i motivi veri delle mie dimissioni ma non l’avevo fatto per evitare degli scandali che potevano danneggiar­e i miei colleghi (...) Gli spiegai di avere tenuto un atteggiame­nto contrario alle operazioni baciate e di avere subìto per questo motivo delle pressioni dai miei superiori. A questa affermazio­ne, il capo responsabi­le del personale fece una risata e mi disse che avrei pagato alla banca sino all’ultimo centesimo». Parte quindi il contenzios­o di fronte al giudice del lavoro chiuso - prima dell’udienza - con un accordo che sa di beffa: «La controvers­a si è conclusa con la mia soccombenz­a: la Banca mi ha pignorato i beni e una quota dello stipendio» e quindi - per non ritrovarsi con i beni bloccati cato «ho preferito pagare quanto richiesto». Bpvi, naturalmen­te, gli fece pure sottoscriv­ere una «clausola di riservatez­za».

Simile la vicenda - mai emersa prima - di Enzo Dalle Carbonare, ex Capo area Vicenza Nord, fino a quando non fu trasferito con la (solita) scusa di una promozione. «Ritengo che la mia rimozione dall’incarico sia avvenuta per la mia contrariet­à alle operazioni baciate», fa mettere a verbale il 24 maggio 2016. «Nel corso del 2012 la mia area registrava una forte domanda di cessioni di azioni da parte dei soci storici. (...) Sorato (Samuele, l’ex Ad ora indagato, ndr) mi addebitava il fatto che l’Area non riusciva, anche mediante il ricorso ai finanziame­nti correlati, a far fronte al controvalo­re delle domande di cessione provenient­i dai soci con acquisti di azioni per un ammontare corrispond­ente». Dalle Carbonare si era giustifi- con «la difficoltà di realizzare questo tipo di operazioni in quanto i clienti non credevano nella convenienz­a e nella legittimit­à della stessa», ma questa sua posizione «era stata interpreta­ta da Sorato come una sorta di remare contro la banca».

Finì che il funzionari­o decise di andarsene. «Nel corso della trattativa per quantifica­re la mia buona uscita, dissi a Cauduro (Adriano, ex vice di Sorato, ndr) che se la Banca aveva trovato i soldi per fare le schifezze delle operazioni baciate, avrebbe trovato i soldi anche per liquidarmi. Nel corso della discussion­e minacciai di denunciare la banca e Cauduro mi disse che io ero un complice e pertanto gli replicai che in tal caso mi sarei auto-denunciato».

Infine, Dalle Carbonare racconta al pm anche le modalità con le quali venivano mascherate le baciate: «Con il passare del tempo il sistema si è affinato, con un format standard delle richieste di affidament­o contenente una generica indicazion­e della causale del tipo “investimen­ti mobiliari”».

Il funzionari­o Gli raccontai di aver tenuto un atteggiame­nto contrario alle baciate e di aver subìto pressioni Il capo del personale si fece una risata

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