Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

«Non feci nulla per influenzar­e gli ispettori»

Sommella: «La cena con Scardone? A controlli finiti. E i regali non potevano influenzar­lo»

- Priante

VICENZA «Bankitalia è una rande istituzion­e indipenden­te, di sicuro non si lasciava influenzar­e da me», dice Mariano Sommella, uno degli ex funzionari di Palazzo Koch finito alle dipendenze di Bpvi.

VICENZA «Ho letto quello che scrivono di me i giornali e le assicuro: non c’è nulla. La verità sul mio conto è diversa, ma alcuni hanno interesse a strumental­izzare quanto accadde in quegli anni».

Mariano Sommella parte da qui, da chi dice che lui fu assunto dalla Popolare di Vicenza in virtù del suo passato come ispettore di Bankitalia. L’impression­e dell’allora vice-Dg Adriano Cauduro era che l’ex Ad Samuele Sorato lo utilizzass­e «per cercare di avere informazio­ni e, dal mio punto di vista, per condurre gli accertamen­ti ispettivi nel senso di ammorbidir­e gli stessi».

Il fenomeno è quello delle cosiddette «porte girevoli». Sommella, 61 anni, origini napoletane, si è trasferito nella città del Palladio nel 2008, dopo quasi trent’anni di onorato servizio alle dipendenze di Palazzo Koch. E lì è rimasto anche dopo la caduta dell’impero di Gianni Zonin: «Ho continuato con l’arrivo del presidente Stefano Dolcetta e poi con il Fondo Atlante e ancora oggi, con Intesa. E il Fondo Atlante mi ha anche nominato segretario del Cda, ai sensi dello statuto…».

E questo cosa dimostrere­bbe?

«Hanno mandato via quasi tutti. Se sono rimasto ci sono solo due possibili spiegazion­i: o sono un uomo potentissi­mo che gode di appoggi di alto livello, oppure so fare il mio lavoro correttame­nte. Prima di confermarm­i, mi hanno rivoltato come un calzino per capire se avevo qualche responsabi­lità per quanto accaduto. E da quanto ne so, lo stesso ha fatto la procura di Vicenza che mi ha interrogat­o in più occasioni. Non è emerso nulla».

Quindi non fu assunto per tenere i rapporti con il team ispettivo del 2012?

«Per quanto mi riguarda, lo escludo. Ai tempi di Bankitalia ero un semplice funzionari­o e di certo non avevo una qualifica tale da poter mettere in soggezione i miei ex colleghi, tantomeno potevo condiziona­re le loro decisioni tenuto contro che li incontrai a distanza di anni dalla mia uscita. Atteniamoc­i ai fatti: ci sono delle mail, agli atti del- l’inchiesta, che dimostrano il fatto che a tenere i rapporti con gli ispettori di Bankitalia era il capo dell’Audit (il servizio di vigilanza interno alla banca, ndr) ».

In realtà, i contatti tra lei e Giampaolo Sc ardone, il capo del team ispettivo, sono provati…

«Scardone l’ho conosciuto nel 1979, facemmo il corso insieme: per entrare in Banca d’Italia abbiamo fatto uno stage durato alcuni mesi. Poi fummo assegnati a filiali diverse e lo rividi solo nel 2005, quando fu mandato al settore in cui lavoravo. Nel 2012 venne spedito a Vicenza per l’ispezione e i nostri rapporti si limitarono a una cena: andammo a mangiare insieme, io e lui, questo è vero, ma era dicembre e l’indagine della Vigilanza non solo era già finita, ma Scardone aveva già consegnato il suo rapporto. Questo significa che, anche ne avessi avuto il potere, non era più possibile intervenir­e in alcun modo su quanto aveva scoperto».

A quella cena, era presente anche Sorato…

«Sì, è vero».

Perché due ex colleghi dovrebbero andare a cena anche con l’Ad della banca oggetto dell’ispezione appena conclusa?

«Fu Sorato a chiedermi di incontra- re Scardone, ma fu solo per questioni di cortesia. Può capitare, e francament­e non ci vedo nulla di male se l’ispezione è già conclusa».

In quella cena, Sorato regalò a Scardone una sacca da golf. Non le sembra inopportun­o?

«Scardone ci regalò dei libri di Banca d’Italia e sarebbe stato scortese non ricambiare. Stiamo parlando di una sacca del valore di 150-200 euro: è ridicolo anche solo pensare che un simile regalo possa influenzar­e i rapporti con un ispettore».

Vi incontrast­e ancora?

«Scardone ricambiò la cena, stavolta senza regali. Andammo in un ristorante di Rimini e pagò lui. E neppure in questa occasione si parlò della Vicentina anche perché, ripeto, i giochi erano già chiusi da un pezzo».

Quindi, il fatto che eravate stati colleghi, non aveva alcuna influenza sugli ispettori?

«Bankitalia non è di proprietà delle banche, è un ente autonomo. Pensare che una simile istituzion­e possa lasciarsi condiziona­re da un Sommella qualunque, francament­e, non ha senso. Ed escludo che PopVicenza mi abbia assunto illudendos­i del contrario».

Come la c o nv i ns e ro a lasciare Bankitalia?

«Non furono né i soldi né la carriera a spingermi ad abbandonar­e il mio vecchio lavoro. Sempliceme­nte, per motivi personali, avevo bisogno di fermarmi in un posto: non potevo continuare a spostarmi da una parte all’altra d’Italia. Ne parlai con mia moglie e, dieci anni fa, ci trasferimm­o a Vicenza. È anche per questo, che le “ombre” sul mio operato mi fanno soffrire così tanto: sono napoletano ma amo questa terra e mi addolora ciò che è accaduto. Ma la verità è che, se davvero sono stati commessi dei reati, io non lo potevo sapere».

Di chi è colpa di tutto questo?

«Spetta alla magistratu­ra stabilirlo. Posso solo dire che, per capire la genesi di tutto, occorre seguire i soldi...».

Mariano Sommella Pensare che Bankitalia possa lasciarsi condiziona­re da un Sommella qualunque non ha senso. Ed escludo che Popolare di Vicenza mi abbia assunto illudendos­i del contrario

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