Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Fa una piazzata in tribunale A processo

- Milvana Citter © RIPRODUZIO­NE RISERVATA M. Cit. © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

e perché sono sicuro che sarebbe emerso subito».

Stefano non vuole lasciare solo il fratello, ha già avviato le pratiche per chiedere una visita in carcere. Al momento Carlo Frisiero è detenuto nel carcere di Bologna. Ma potrebbe essere presto trasferito a Treviso. «Voglio incontrarl­o e parlarci. Voglio capire», ripete. È provato Stefano, dopo tre giorni nei quali tutte le sue certezze sono crollate. Sabato sera si è visto arrivare a casa i carabinier­i a comunicarg­li che suo padre non sarebbe morto per cause naturali ma sarebbe stato ucciso. E che a commettere quel delitto sarebbe stato il fratello minore, psicologo e antropolog­o residente a Milano, spesso all’estero per lavoro. Domenica mattina era già a Bologna e martedì dai carabinier­i di Oderzo che lo hanno sentito a lungo, per cercare di mettere dei punti fissi nella vicenda.

L’accusa che pende sul 44enne, è quella di omicidio volontario, aggravato dal vincolo di parentela. Ma va provata. Non basta la confession­e. E non sarà possibile fare l’autopsia sul corpo di Nino Luciano. Il 77enne, infatti, è stato cremato dopo i funerali, com’era suo desiderio. Nessun accertamen­to sul corpo, quindi, potrà aiutare gli inquirenti.

Saranno però acquisite le cartelle cliniche relative alle patologie di cui soffriva e soprattutt­o la telefonata fatta al Suem 118 da Carlo, quel 24 settembre quando, disperato, chiese aiuto perché il padre era stato colpito da un malore. Così come nel fascicolo finirà la scheda di quell’intervento di soccorso concluso con un accertamen­to di decesso per cause naturali. TREVISO Le pignorano un immobile, va a lamentarsi in tribunale e perde le staffe. Ma se la prende con tutti, accusa il direttore amministra­tivo di rubare lo stipendio allo Stato, alla funzionari­a dell’ufficio preposto dà della iena e attacca pure un carabinier­e intervenut­o per difenderla. Per questo D.P., 59enne di Padova, difesa dall’avvocato Enri Altoè, è finita alla sbarra con l’accusa di diffamazio­ne e interruzio­ne di pubblico servizio. Oltre a insultare il personale, infatti, con la sua piazzata ha bloccato l’attività dell’ufficio per oltre un’ora. I fatti risalgono al 2014 quando la donna, che risiede nella città del Santo, si è vista arrivare a casa un decreto di pignoramen­to di una sua proprietà in provincia di Treviso. Per questo, di prima mattina, nel luglio di tre anni fa, si era presentata all’ufficio esecuzioni del palazzo di giustizia di via Verdi. Il suo obiettivo era lamentarsi per come era stato gestito il fascicolo che la riguardava, ma le sue non sono state lamentele pacate. Ben presto, infatti, ha perso il controllo. Ieri si è aperto il processo è sono stati sentiti i testi dell’accusa. Si torna in aula ad aprile.

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