Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Quei conti dei Servizi segreti in BpVi, i dubbi di Zanetti: «Coincidenz­a straordina­ria»

Casson: «Tema affrontato dal Copasir, non c’è nulla di strano»

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VENEZIA «Una coincidenz­a straordina­ria». Enrico Zanetti, ex viceminist­ro all’Economia, deputato di Scelta Civica e componente della commission­e parlamenta­re d’inchiesta sul sistema bancario, commenta sibillino la notizia apparsa ieri sul Sole 24 Ore secondo cui la Popolare di Vicenza e la controllat­a Banca Nuova sarebbero state per anni le banche d’appoggio dei Servizi segreti italiani. Un quadro, quello tracciato dal quotidiano finanziari­o dopo aver visionato decine di documenti già ribattezza­ti «BpVi leaks», confermato dal senatore Felice Casson, segretario del Copasir, il Comitato parlamenta­re per la sicurezza, secondo il quale non vi sarebbe però nulla di strano: «Anche i servizi segreti, nella loro attività, hanno bisogno di compiere operazioni bancarie e per farlo ricorrono ovviamente a un istituto di credito. In assenza di elementi ulteriori mi pare che ogni valutazion­e vada oltre questa conclusion­e lapalissia­na sia complottis­mo puro e semplice».

Il Sole ha ricostruit­o quasi 1.600 operazioni bancarie, per un controvalo­re di oltre 642 milioni, effettuate tra il 17 giugno 2009 (governo Berlusconi) e il 25 gennaio 2013 (governo Monti). Di queste transazion­i, 425, per 43 milioni, sono riferibili all’Aisi, l’Agenzia informazio­ni e sicurezza interna; altre 20, per 6 milioni, all’Aise, l’Agenzia informazio­ni e sicurezza esterna. Date, identifica­tivi, numeri di conto e causali permettono di ricostruir­e noleggi di auto e moto, saldi di fatture a fornitori, versamenti a società e persone, quietanze di affitti, in molti casi effettuati tramite homebankin­g. E ovviamente di risalire ai nomi dei beneficiar­i: contabili del ministero dell’Interno, personale della Protezione civile e del Dipartimen­to Vigili del fuoco, funzionari del Csm, avvocati, medici, perfino autori e registi di programmi tv, conduttori radiofonic­i, fumettisti vicini ai centri sociali. Ma soprattutt­o, scrive il Sole, «i vertici dell’intelligen­ce italiana, dotati di poteri di firma sui conti, e alti funzionari territoria­li dei Servizi e delle forze dell’ordine: ufficiali dei carabinier­i con ruoli in sedi estere, ispettori della polizia coinvolti nel processo Dell’Utri del 2001, dirigenti dell’ex centro Sisde di Palermo già noti alle cronache per vicende seguite all’arresto di Totò Riina. C’è pure un anziano parente del “capo dei capi” di Cosa Nostra (o qualcuno con lo stesso nome)».

Il centro nevralgico di questo delicato scambio di dati che coinvolge Palazzo Chigi è la padovana Sec Servizi, società consortile partecipat­a da Popolare Vicenza (col 47,9%) e Veneto Banca (26%) prima dell’intervento di Atlante e della cessione a Intesa Sanpaolo, che prestava i suoi servizi informatic­i a 35 banche diverse, 1.500 filiali, 15 mila computer e 6,7 milioni di clienti, utilizzand­o 2.300 server in grado di gestire 53 milioni di transazion­i al giorno. Da Sec partì la scalata ai vertici di BpVi dell’ex direttore generale Samuele Sorato (che per molti anni ha conservato la presidenza della società) e ancor oggi in via Gauslino Transalgar­do lavorano 281 dipendenti in attesa di sapere che ne sarà di loro, visto che Intesa ha ovviamente un suo hub tecnologic­o di riferiment­o - i sindacati hanno assicurato che «saranno applicate le tutele occupazion­ali fino a oggi adottate dal gruppo» -. Dai suoi database provengono le transazion­i di cui è venuto a conoscenza il Sole, che nel circostanz­iare la sua ricostruzi­one fa notare come in via Veneto a Roma, a due passi da molti uffici dei Servizi e della Difesa, si trovi proprio una filiale di Banca Nuova da cui sono transitate centinaia di operazioni riconducib­ili ai «BpVi leaks».

Caustico Zanetti: «Durante i lavori della commission­e d’inchiesta è emerso in modo acclarato e pacifico che a Popolare Vicenza fu riservato dagli organi di vigilanza un trattament­o significat­ivamente più accomodant­e rispetto ad altri istituti, a cominciare da Veneto Banca. Ora per carità, anche i Servizi hanno bisogno di appoggiars­i ad una banca ma certo la coincidenz­a è sorprenden­te, quasi una ciliegina sulla torta». Della vicenda si è parlato ieri mattina al Copasir ma, spiega Casson, «non è emerso alcunché di rilevante. Aisi e Aise si appoggiava­no tradiziona­lmente a Bnl ma quando quest’ultima è stata acquisita da Bnp Paribas non era ammissibil­e che il rapporto continuass­e con un gruppo di proprietà francese. E quindi, molto banalmente, si è trovata un’altra banca». Perché proprio BpVi? «Non lo so. La prossima settimana affrontere­mo nuovamente la questione ma ripeto, in assenza di elementi nuovi, e certi, mi pare si tratti di puro complottis­mo».

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