Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Fuga da Cona, profughi ricollocati in Veneto
«Trovata la soluzione». La marcia si ferma, i 212 migranti, divisi per provincia, ottengono altre sistemazioni
MIRA (VENEZIA) Dopo la notte trascorsa nelle parrocchie grazie all’intervento del Patriarca e alla trattativa portata avanti dal prefetto, i duecento profughi fuggiti da Cona, sono stati ricollocati in piccoli gruppi nelle diverse province venete. Timori per un effetto a catena.
MIRA (VENEZIA) Ce l’hanno fatta. La fatica della marcia a piedi, al freddo, carichi delle loro borse, il secco «no» gridato giovedì a Bojon (Venezia) a chi intimava loro di fare dietrofront e tornare a Cona ha pagato. Ieri, sostenuti da volontari e associazioni, dal sindacato Usb ma soprattutto dal patriarcato di Venezia, i 212 richiedenti asilo in fuga da Cona sono saliti a bordo dei pullman che li avrebbero condotti lontano dal centro da cui sono fuggiti.
«Tutto merito del Patriarca», ha continuato a ripetere ieri il prefetto di Venezia Carlo Boffi. Giovedì, quando i profughi erano bloccati a Bojon di fronte a un cordone della polizia, Francesco Moraglia ha comunicato a Boffi che la diocesi li avrebbe ospitati per la nottata. Detto fatto, 50 hanno dormito nel patronato di San Nicolò a Mira, 45 a San Pietro di Oriago, 45 a Gambarare, 40 a Borbiago e 20 alla Casa San Raffaele di Mira Porte.
In mattinata, il patriarcato informava: «Notte tranquilla, calda e di riposo per tutti». E mentre i 212, originari di paesi come Camerun, Liberia, Guinea e Bangladesh si rimettevano in forze, la macchina di prefettura, volontariato e del Comune di Mira si metteva in moto. Marco Dori, sindaco dem, ha organizzato l’arrivo di sei bagni chimici e i pasti per il pranzo (cena e colazione sono stati offerti dalle parrocchie). Boffi, d’intesa con il ministro dell’Interno Marco Minniti, ha reperito posti nelle strutture d’accoglienza del Veneto. I volontari hanno fatto il resto. «Ci sono più di trenta persone a dare una mano, l’associazione Dedalo, gli scout, il gruppo famiglie, i giovani - racconta don Gino Ciccuto, parroco di San Nicolò - i nostri ospiti sono deliziosi, disponibili e hanno dato il loro contributo».
I richiedenti asilo hanno messo in ordine le stanze dove hanno dormito e il piazzale e quando hanno visto alcune signore pulire la chiesa: «Si sono levati le scarpe e si sono uniti alle pulizie», continua Ciccuto il cui patronato è stato l’epicentro, ieri dopo pranzo, delle operazioni di smistamento e partenza. Coordinati da funzionari della prefettura, sotto l’occhio vigile della polizia, gli autisti dei pullman hanno preso nota delle mete del viaggio: «Esco a Vicenza ovest e vado in Questura, poi Verona, ritorno e Belluno, perfetto. E loro, dove vanno? A Treviso? Avviso il collega», ripeteva un guidatore. Intanto, in ordine e senza battere ciglio, i ragazzi mettevano i propri averi nel bagagliaio e attendevano di salire. «Come abbiamo fatto a organizzare tutto? Sapendoci coordinare - spiega don Dino Pistolato, vicario episcopale -, associazioni, volontari, parrocchiani si sono messi in rete, dal meccanico che ha chiuso l’officina agli scout». La «chiamata alle armi» ha funzionato senza alcuna sbavatura. «È encomiabile il lavoro di tutti - dice Dori -, un esempio raro in Italia di efficienza».
Nel pomeriggio, 151 richiedenti asilo su 212 avevano già trovato una nuova casa: 10 tra Campalto e Mira in strutture della Caritas, una cinquantina nel Veneziano, 30 tra Vicenza e Lonigo, altri 30 a Treviso e altrettanti nel Bellunese e nel Veronese. Qui, otto sono stati mandati all’ex base Nato in contrada Vaccamozzi (frazione di Erbezzo, in Lessinia, con 7 residenti) da dove sabato sono scappati otto eritrei: di notte, in sandali e riparati da coperte hanno lasciato la struttura. In serata, oratori e patronati erano vuoti. «Lo Stato deve controllare la gestione dei centri d’accoglienza - commenta don Gino -, non ci possono essere situazioni limite come Cona». «Finalmente tutti si accorgono che l’hub è una vergogna e va chiuso - dice Alberto Panfilio, sindaco di Cona, da sempre contrario alla struttura -, mi sono commosso quando ho saputo che i 200 non torneranno, tutto è partito dalla mia piazza: io, quattro sindacalisti e loro abbiamo mostrato che ci possono essere soluzioni diverse, rispettose della dignità umana, purtroppo le decisioni politiche giuste non rendono in termini elettorali nel breve periodo». La «marcia» dei richiedenti asilo, per Panfilio, è un segnale ma anche un modello. «Il rischio che l’episodio sia emulato è concreto - dice Pistolato - e non solo in Veneto, parlo di tutta Italia, ora ognuno faccia la sua parte contro l’effetto domino: si velocizzino le commissioni, diano risposte concrete ai richiedenti asilo e permessi di soggiorno europei non solo italiani».
Il sindacato di polizia Ugl ieri ha scritto alla presidente della Camera Laura Boldrini, «Venga a risolvere la vergognosa situazione di Cona, siamo stanchi di dirlo: la struttura va chiusa». Unica voce fuori dal coro, la Lega: ieri la consigliera comunale di Venezia Silvana Tosi ha invitato chi sostiene i profughi «a farsene carico, di tasca propria». A distanza, il sindaco metropolitano Luigi Brugnaro chiosa: «Era evidente che la non gestione delle frontiere sarebbe finita male, questa è l’ennesima situazione». Intanto, a Cona, oggi, restano ancora 900 persone.
Il parroco di S. Nicolò I nostri ospiti sono deliziosi, si sono levati le scarpe e hanno aiutato tutti a fare le pulizie Il sindaco di Cona Mi sono commosso quando ho saputo che i 200 non torneranno, tutto è partito da me