Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Sacconi e l’Industria 4.0: «Sarà la fine del lavoro? Sono tutte stupidaggini»
VENEZIA La rivoluzione dell’Industria 4.0 – ovvero la digitalizzazione dei processi produttivi - costituisce un’opportunità o un rischio per i posti di lavoro del futuro? Secondo la Commissione Lavoro del Senato, non è questa la domanda giusta da porsi. Il presidente Maurizio Sacconi ha esposto ieri a Venezia il documento finale redatto dalla Commissione, in occasione del lancio della quindicesima edizione del master di Ca’ Foscari in Diritto del lavoro, liquidando gli scenari catastrofici: «Alcuni annunciano per l’ennesima volta la fine del lavoro in termini apocalittici. Sono tutte str…», taglia corto il senatore.
Il documento ha un approccio onnicomprensivo alla rivoluzione digitale che non è solo tecnologica, ma riguarda tutta gli aspetti: «Il rapporto vuol essere un terreno condiviso da cui la prossima legislatura potrà partire; si rifiuta di rispondere alla domanda se avremo più o meno lavoro ma indica ai decisori cosa fare per evitare crescita senza occupazione», ha sottolineato Sacconi. La formula è potenziare la formazione continua per permettere ai lavoratori di riconvertirsi di pari passo ai rapidi mutamenti del mercato del lavoro: «Il cambiamento è imprevedibile, serve flessibilità - constata Sacconi –: se moriranno dei lavori ne nasceranno altri, l’importante è rendere le persone in grado di “imparare a imparare” per adattarsi e rimanere occupabili per tutto l’arco della vita». Meno leggi, più contratti: oltre all’equo compenso e al diritto alla disconnessione, le altre questioni - welfare e orari di lavoro inclusi - saranno oggetto di contrattazione. Urgono anche gli interventi sui «segnali d’allarme cronici» del Paese: bassi tassi di occupazione e alti tassi di inattività, abbinati all’invecchiamento della popolazione lavorativa; più mansioni ripetitive nei settori manifatturieri rispetto ad altri Paesi europei. «Dobbiamo ripensare contenuti e forma dell’intero sistema educativo: all’interno dell’Ocse gli Italiani sono carenti in conoscenze e competenze», ha esortato Sacconi, spezzando poi una lancia a favore dell’alternanza scuola-lavoro: «Nessuno studente ha mai fritto patatine e, anche se lo avesse fatto, sarebbe stato un bene perché in classe nessuno insegna il valore del sacrificio». A pochi giorni dalla vicenda dei fattorini in bici della britannica Deliveroo, inquadrati come autonomi e quindi privi di salario minimo, l’Italia sembra prendere la stessa direzione: «La legge sull’equo compenso include soltanto gli autonomi degli ordini professionali – spiega Sacconi – avevo proposto di usare per le altre categorie gli usi negoziali tratti dalle Camere di Commercio ma non sono stato ascoltato».