Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
I volti, le liti il racconto della rottura
Le facce, all’uscita dall’ennesimo vertice a Palazzo Balbi sul nuovo ospedale di Padova, dicono tutto. Dal governatore Luca Zaia, seccato, al sindaco Sergio Giordani spiazzato, al direttore dell’Azienda ospedaliera, Luciano Flor, preoccupato.
VENEZIA Zaia seccato. Giordani spiazzato. Flor preoccupato. Rizzuto rassegnato. Le facce, all’uscita dall’ennesimo vertice sul nuovo ospedale di Padova, dicono tutto. «Qua ci giochiamo la reputazione» aveva avvertito il governatore nel corso della riunione a Palazzo Balbi ed anche il presidente della Provincia Enoch Soranzo aveva usato toni ultimativi («Oggi non possiamo uscire da questo tavolo senza un’indicazione precisa, la credibilità delle nostre amministrazioni ormai è minata»), invitando poi Zaia a «dare una risposta, con tutti gli strumenti che la legge consente (gli espropri?, ndr) se veramente ritiene che sia la scelta giusta».
Serviva una decisione, è stata presa a metà. Il nuovo ospedale si farà a Padova Est, come ancora non si sa. Zaia ha dato a Giordani «24, 48 ore, qualche giorno» per pensarci un po’ su, ma in realtà il sindaco è stato messo con le spalle al muro, stretto tra la cessione gratuita delle aree e il rischio che via Giustiniani si trasformi in un «buco nero» dall’impatto urbanistico devastante. Giordani si è detto «sbalordito» dall’ultimatum di Zaia, e in effetti dal resoconto stenografico della riunione non sembra essersi fatto subito un’idea precisa della proposta del governatore: prima conferma che a Padova potrebbe bastare un polo ospedaliero soltanto, poi, davanti all’ipotesi dell’esproprio dei terreni di proprietà del Comune, commenta: «Non è male l’esproprio, ci riflettiamo». Ma in quel caso «vuol dire fare un ospedale solo?». E allora prende tempo: «Ci riflettiamo, ovviamente non è una decisione mia, ma del consiglio comunale». Zaia, d’altronde, si è presentato con una soluzione mai discussa prima e il piglio di chi si è stancato di fare il giro dell’oca, costretto a tornare sempre alla casella di partenza con interlocutori ogni volta diversi. Il sindaco Rossi prima, Bitonci poi («È venuto qui a dirci: “Noi siamo in grado di dare le aree gratis” e questo è lapidario, è scritto, per noi è gratis»), Giordani adesso e nel mezzo pure un commissario prefettizio, Michele Penta. Che, «visto che siamo tutti in prescrizione» ha raccontato Zaia, «mi fissò anche la data per la firma di questa cessione (dei terreni, ndr), dopodiché si volatilizzò e immagino anche perché, però questa è storia». Parole sibilline, che sembrano avvalorare le voci, a lungo circolate a Padova, sul fatto che Penta venne sostituito in gran fretta dal governo Gentiloni su pressioni del Pd e dei centristi proprio perché incline a chiudere l’operazione a suo tempo avviata dal leghista Bitonci. Tant’è, la soluzione del «doppio polo» Padova Est-via Giustiniani proposta dal Comune viene sostenuta al tavolo dal rettore Rosario Rizzuto («Già oggi esiste una frammentazione» ha ricordato, per poi sottolineare che «se pari impatto e dignità possono essere immaginate per le due sedi» è però fondamentale che i ruoli delle due strutture siano «nettamente distinti senza doppioni»), ma lascia scettico Zaia («Nel 2010 il progetto di questa comunità era di fare un grande policlinico universitario, punto, e destinare l’area di via Giustiniani a una valorizzazione urbanistica in accordo con il Comune. Non erano previsti due centri»), il presidente della Scuola di Medicina Mario Plebani («Vorrei enfatizzare la necessità di un’unica governance sull’ospedalità padovana, non dobbiamo avere doppioni e ridondanze, serve chiarezza funzionale») e sopratutto il direttore dell’Azienda ospedaliera Luciano Flor, l’uomo dei numeri autore della lunga relazione che all’inizio del confronto ha smontato pezzo a pezzo le alternative a Padova Est: «È certo che al crescere dell’ospedale cala il costo unitario - ha spiegato - fare due ospedali da 1.000 posti o farne uno da 2.000 cambia, quello da 2.000 costa molto meno, non poco, molto. Basta pensare che le centrali termiche non saranno due ma una e lo stesso dicasi per le cabine e tutta la parte impiantistica, c’è tutta la questione di gestione della struttura».
E ancora, poco prima che finisse l’incontro: «Sul discorso dei due, tre ospedali mi tocca dire che ci sono città di 500 mila abitanti che hanno deciso di fare un solo ospedale, vicino a Udine, ospedale e università. Il fatto di non fare doppioni è una cosa fattibile, ma vale per le specialità, non per i servizi. Accanto al costo di realizzazione, che qui impatta notevolmente su una o due sedi, ci sono i costi di gestione che non sono assolutamente marginali».
Flor (dg Azienda Osp) Ci sono città da cinquecentomila abitanti che hanno deciso di fare un solo ospedale