Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
«Banche, rimborsi impossibili se basati sulle sentenze»
Veneto Banca, nuovo esposto sui crediti «facili»
Il fondo per il rimborso dei risparmiatori truffati di fronte al nodo di chi stabilirà il diritto al risarcimento. E sul nodo dei crediti «facili» e della loro reiterazione le associazioni dei soci tornano a bussare alle procure. È successo ieri a Treviso.
PADOVA Il fondo per il rimborso dei risparmiatori truffati di fronte al nodo di chi stabilirà il diritto al risarcimento. Mentre intanto sul nodo dei crediti «facili» e della loro reiterazione le associazioni dei soci tornano a bussare alle procure. È successo ieri a Treviso, dove l’associazione soci Banche popolari venete ha presentato un esposto, chiedendo che «la magistratura faccia chiarezza sulla gestione di Veneto Banca dopo l’uscita del direttore generale Vincenzo Consoli e su cosa abbia fatto la Banca d’Italia per prevenire il proseguimento di condotte esattamente uguali a quelle precedenti, con la concessione di generosi finanziamenti a soggetti in crisi e, pare, senza le dovute adeguate garanzie a copertura». Un atto d’accusa ai cda successivi, pur se andrebbero distinti il momento della concessione dal successivo tentativo di gestire affidamenti finiti in difficoltà.
Fatto critico, che si aggiunge alla questione del fondo di storo a cui il parlamento sta dando il via libera nella mano vra di bilancio. Ma dove i ripetuti ritocchi alla bozza del provvedimento che prevede, nella legge di bilancio per il 2018 , un «Fondo di ristoro finanziario» per i risparmiatori delle due ex venete e delle quattro banche liquidate a fine 2015 «che hanno subito un danno ingiusto» non ne hanno certo agevolato la comprensione. Il punto più critico è chi dovrà decidere chi avrà titolo per essere risarcito. Forse oggi se ne saprà di più dopo l’incontro a Vicenza fra una decina di associazioni di Veneto e Friuli e Giorgio Santini, senatore Pd fra i più energici promotori del provvedimento. Nel frattempo i punti di vista concordano sull’esiguità del budget iniziale, 50 milioni, e restano divisi sulla effettiva praticabilità dell’impianto legislativo. La posizione più negativa è quella di Andrea Arman, avvocato trevigiano riferimento del Coordinamento don Torta: una soluzione viziata alla radice per non contemplare i soci storici delle ex popolari che rappresenterebbero «l’80% del capitale bruciato dall’azzeramento dei titoli».
Al di là di tutto questo, secondo il legale è impraticabile l’idea di individuare gli aventi diritto al ristoro in base a sentenze passate in giudicato, così come non sarà possibile far conto, quale titolo equivalente, sull’ammissione allo stato passivo dato che mancherà il tempo tecnico per ottenerlo entro il 2018. Il collega Matteo Moschini, del Movimento per la difesa del cittadino, attende chiarimenti dal decreto: «Escluso si possa pensare di attribuire il compito di designare i destinatari del ristoro all’Arbitro Consob, che con la revoca delle licenze bancarie si è dichiarato incompetente. Mi aspetto, casomai che si rimpalli l’argomento all’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) più volte chiamata in campo, sebbene non abbia competenze in materia finanziaria». C’è però anche chi ritiene improprio l’utilizzo di un decreto per fare chiarezza. E ritiene che i presupposti dovrebbero essere definiti con legge e non certo con un decreto ministeriale.
Ancora un avvocato, Rodolfo Bettiol, docente di procedura penale al Bo, classifica come «una stupidaggine» l’ipotesi di operare una selezione attraverso l’esito di processi giudiziari. «Tutti dovrebbero attivare azioni legali e non si capisce contro chi. Il fatto positivo di questa legge è che si è raggiunto il principio di un diritto all’indennizzo ma credo si possa semplificare il percorso». E Valter Rigobon, presidente di Adiconsum Veneto: «Come titolo equivalente ad una sentenza definitiva – azzarda – potrebbe esser usata la scelta dell’insinuazione allo stato passivo o l’aver semplicemente avviato una causa prima del dissesto».