Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Giamaica, quando il diventa culto

A Verona, in una torrefazio­ne vicino alla stazione, Gianni Frasi tosta i chicchi che finiscono in tazza nelle tavole degli chef stellati, come gli Alajmo

- Di Sara D’Ascenzo © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

che si beve a fine pasto in tutte le avventure commercial­i dei fratelli Alajmo, dal tristellat­o Michelin Le Calandre al Cafè Stern di Parigi, è Giamaica il caffè che si beve dopo una pizza gourmet da Grigoris ad Asseggiano, a Mestre, e l’elenco potrebbe continuare con le eccellenze, ma non è infinito. Perché dal 2 gennaio del 2017 Giamaica caffè ha deciso, dopo 70 anni di attività compiuti lo scorso agosto, «a titolo di protezione e a tempo indetermin­ato - spiega Frasi di non costituire più clienti nuovi in Italia e all’estero». Il perché implica seguire Frasi fin dentro la sua filosofia più profonda: «L’idea materialis­tica che l’immagine dell’espansione sia la cifra di una fiorente attività - spiega - è ciò che il Diavolo ha fatto credere a coloro che ne sono servi che si chiami crescita. Tutti coloro che ne sono cooptati seguono questa idea come un’autentica tossicodip­endenza. Non solo non ne puoi fare a meno, ma devi aumentare la dose senza capire che in realtà quella che viene chiamata crescita è una miserabile espansione. E’ come la pizza: la espandi finché si buca al centro». Questa «chiusura» implica che i clienti che Giamaica ha, potranno aprire tutti i locali che vorranno e avranno sempre il Giamaica caffè, ma se dovessero cederne uno, il nuovo proprietar­io non sarebbe un cliente Giamaica. E questo, per un’azienda che non ha né un sito internet né reti di vendita, che non partecipa a fiere né a manifestaz­ioni d’alcun tipo, è coerente ma decisament­e coraggioso. «Dal punto di vista commercial­e dovremmo essere perfetti per non essere oggetto di ostilità dice Frasi - esistiamo al mondo in questo modo e in realtà proprio per questo siamo insopporta­bili all’abiezione del mondo moderno. Del resto, il mio contatto con i miei omologhi è l’abisso che ci separa. Ho la sensazione che non a tutti i miei omologhi piaccia il caffè», chiude Frasi illuminand­o con una sentenza il concetto dell’esclusivit­à. E qualche motivo per voler difendere il fortino del caffè, Frasi ce l’ha. Nel 1960 in Italia tostavano il caffè circa in 9.500. Oggi a tostare realmente il caffè sono in poco più di 550. Colpa della perdita di un’arte, ma anche della diffusione di «altro», che Frasi nemmeno nomina, ma certo lascia intendere: «La più alta materia vegetale - dice - oggi si trova nel suo ipogeo con i tampax (le cialde, ndr), che non a caso vengono pubblicizz­ati bevuti in vetro, mentre il caffè non va mai bevuto in vetro ma in ceramica». Ma che caffè beve chi beve Giamaica? La domanda si può fare, ma difficilme­nte si otterrà una risposta concreta. Perché per Frasi non si deve parlare del caffè, ma berlo, viverlo. I nomi sono evocativi - Guatemala, Santos Montecarme­lo, Chickmagal­ur Karnataka, Blue Mountain - ma «quello che conta, è quello che ci resta in bocca. E’ il caffè».

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 ??  ?? Ritratti di caffè
Ritratti di caffè
 ??  ?? Nella foto grande l’unica foto autorizzat­a di Gianni Frasi. Le altre ritraggono il caffè Giamaica al Cafè Stern e l’insegna della torrefazio­ne di Verona
Nella foto grande l’unica foto autorizzat­a di Gianni Frasi. Le altre ritraggono il caffè Giamaica al Cafè Stern e l’insegna della torrefazio­ne di Verona

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