Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)

Il panettone? Sotto vetro

A Castello di Godego, nel Trevigiano, Baghi’s, laboratori­o artigiano, sforna dolci lievitati di culto a Londra e in Giappone

- Di Sara D’Ascenzo © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

tedeschi sottovetro? Intanto bisogna avere una forte passione. E i due amici, 35 e 41 anni, ce l’hanno. «Usiamo ricette tradiziona­li - spiega Riccardo - perché li facciamo con ingredient­i basilari, non usiamo né additivi né emulsionan­ti. L’idea è stato scegliere un packaging semplice ma dall’estetica vintage. Siamo stati i primi, ancora quattro anni e mezzo fa, a fare i panettoni in vetro, che adesso sono richiestis­simi. Sono prodotti in vasi tradiziona­li tedeschi usati per le conserve, in vetro puro: quindi in forno non cedono nessuna sostanza. Anche la farina è macinata a pietra e da grano italiano. Usiamo sia la bianca, tipo 1, sia l’integrale, perché facciamo il panettone integrale al 100 per cento». I numeri di questa piccola impresa tra amici fanno impression­e: Baghi’s ha sfondato a Londra e ora sta muovendo i primi passi in Giappone. Il primo Natale i panettoni tradiziona­li prodotti erano circa trecento, ora saranno duemila. I lievitati in vaso - che rappresent­ano più di metà della produzione - due anni fa erano circa un migliaio, l’anno scorso diecimila, quest’anno 20mila. «La base del panettone è un ottimo dolce - spiega Riccardo - solo che in Italia si è fissati che il panettone si mangia solo a Natale. Abbiamo pensato di sfruttarne le potenziali­tà tutto l’anno con i pandolci alcolici, grazie anche alle mie competenze enologiche». Sono nati così i pandolci in vasocottur­a ai vini passiti, alla grappa invecchiat­a 25 anni, al Limoncello Igp e perfino al Mojito. E l’anno prossimo debutterà un pandolce «più giovane», in un vaso che si sta ancora progettand­o. Ma dove vogliono arrivare i due di Baghi’s? Riccardo non ha dubbi: «Vorremmo diffondere il più possibile il cibo fatto bene. Paradossal­mente abbiamo più successo all’estero che in Italia. Ci dispiace vedere produttori storici che una volta diventati famosi per la qualità fanno prodotti di bassa qualità con la grande distribuzi­one. Ci vuole cultura in chi vende per trasmetter­la in chi compra».

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