Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Regali senza commesse lo sciopero di Natale
Domani lo stop. «Denunceremo chi le sostituisce»
Sono circa 40 mila le commesse della grande distribuzione che domani potrebbero incrociare le braccia. Previsti volantinaggi in tutte le province e scioperi a singhiozzo fino al 6 gennaio.
Gira voce che domani, per rimpiazzare quelle che incroceranno le braccia, i datori di lavoro pescheranno dal bacino dei contratti a chiamata. Se in effetti le commesse resteranno a casa, l’escamotage dovrebbe funzionare; il problema è che molte di loro potrebbero arrivare, andarsene a metà giornata e rientrare dopo qualche ora, col risultato che i titolari dei negozi non potranno correre ai ripari.
Lo sciopero nazionale della grande distribuzione proclamato da Cgil, Cisl e Uil assume le sembianze di una partita a scacchi: da un lato le catene commerciali, che non hanno intenzione di perdere un’intera giornata di incassi proprio a ridosso di Natale; dall’altro le commesse, che in Veneto sono circa 40 mila e vogliono usare tutte le armi a loro disposizione per lasciare i negozi sguarniti. «Lo sciopero potrebbe arrecare qualche disagio, ma saremo comunque in grado di garantire l’apertura dei nostri punti vendita», assicura Giovanni Cobolli Gigli, presidente di Federdistribuzione. «Il 22 dicembre ci sono quattro ore, ma fino al 6 gennaio ce ne sono altre quattro e si potranno fare scioperi a singhiozzo – ribatte Cecilia de’ Pantz, segretaria regionale di Cgil-Filcams -. In alcune città le commesse si metteranno d’accordo per uscire tutte insieme, quindi faranno volantinaggio e torneranno un’ora dopo. Sarà una forma di sciopero meno visibile ma più concreta, un’azione di disturbo per contrastare l’eventuale ricorso ai lavoratori interinali: chiamare un sostituto per eludere lo sciopero è uno schiaffo ai lavoratori, che rinunciano a una parte importante del loro stipendio per rivendicare più diritti». Su entrambi i fronti, insomma, l’obiettivo è giocare d’anticipo: «Certi negozi, per scoraggiare l’adesione, hanno deciso che chi non sciopera farà straordinario - dice Maurizia Rizzo, segretaria regionale di Cisl-Fisascat -. Chi opta per il contratto a chiamata fa finta di niente e annuncia la notizia all’ultimo minuto, saperlo prima è difficile. Se scopriremo lavoratori interinali nei negozi, interverremo con diffide e denunce per comportamento antisindacale».
Di sicuro domani si parte con i volantinaggi davanti al centro commerciale Adigeo di Verona, alle prefetture di Padova e Rovigo, all’Auchan di Mestre, al Pam-Panorama di Treviso, alle Coop di Feltre e di Vicenza e all’Emisfero di Belluno. Il braccio di ferro nasce dal decreto Salva Italia del 2012 e coinvolge sia la «distribuzione moderna organizzata» delle grandi catene che la distribuzione cooperativa: nel primo caso le commesse chiedono il rinnovo del contratto nazionale e contestano gli aumenti di stipendio unilaterali, giudicati «inferiori alle previsioni negoziali dei contratti nazionali di settore già rinnovati» con Confcommercio e Confesercenti, mentre nel secondo chiedono un aumento che manca da quattro anni. «Per rimanere competitive, le coop vogliono avere le stesse regole della grande distribuzione- spiega Maurizia Rizzo -. In passato le coop pianificavano le politiche dei punti vendita in base alle radici, ai valori e al sistema economico-produttivo circostante, ora invece non si sanno nemmeno gli orari dall’oggi al domani e i giorni di riposo sono sempre infrasettimanali, quando il resto della famiglia lavora».
Dal 2012 a oggi, i contratti a termine sono aumentati del 25% (colmando il vuoto lasciato da licenziamenti, pensionamenti e rinunce per maternità incompatibili coi ritmi di lavoro); il 38% dura un giorno, il 42% dieci giorni, il 10% un mese, il 7% sei mesi, l’1,43% un anno. E i contratti a tempo indeterminato? Sono solo lo 0,25%. «Stiamo conducendo uno studio sullo stress lavorativo, da cui emerge che il 10% delle commesse assume psicofarmaci, ansiolitici e antidepressivi - dice Cecilia de’ Pantz -. In passato la domenica era pagata con una maggiorazione del 230% e si lavorava volentieri; oggi invece ci sono 52 domeniche di lavoro imposte dal contratto e la maggiorazione è di pochi euro. In seguito alla richieste di permesso negate, abbiamo impugnato decine di sanzioni disciplinari. E non è piacevole adire le vie legali per difendere il proprio posto di lavoro».
Dal canto loro, i giganti della distribuzione non arretrano di un millimetro: Coop Alleanza 3.0 parla di uno sciopero «immotivato e irresponsabile», arrivato al termine di una trattativa che poteva concludersi con 85 euro in più in busta paga e con norme sociali «più avanzate rispetto ai diretti competitor». «Dobbiamo
Maurizia Rizzo (Cisl) Promettere straordinari e chiamare interinali è comportamento antisindacale
Cecilia de’ Pantz (Cgil) Il 10% delle commesse assume psicofarmaci e antidepressivi per combattere lo stress
trovare soluzioni equilibrate per imprese e lavoratori, tali da non pregiudicare l’occupazione di un settore già messo a dura prova da anni difficili», afferma Cobolli Gigli. E Federdistribuzione pubblica un sondaggio sulle aperture festive, secondo cui il 67% dei clienti è favorevole alla liberalizzazione e il 68% la considera «un naturale processo di evoluzione sociale».