Corriere del Veneto (Treviso e Belluno)
Botte a due giovani Quattro agenti condannati a tredici anni
La madre delle vittime sviene. Presto tutto prescritto
Quattro poliziotti delle volanti sono stati condannati a oltre 3 anni dal giudice di Venezia per aver picchiato due fratelli, la notte tra l’1 e il 2 aprile 2009. Lo stesso pm aveva ridimensionato l’episodio, ma il giudice ha usato la mano pesante. La madre sviene in aula: «Un giorno di festa».
I sindacati Impossibile intervenire ed evitare corpo a corpo, serve il taser
«Li condanna alla pena di tre anni e...». Il giudice monocratico di Venezia Sonia Bello non aveva ancora finito di leggere il lungo dispositivo di sentenza, quando in fondo all’aula si è sentito un tonfo. Simonetta Cordella, madre di Tommaso e Nicolò De Michiel, i due fratelli picchiati da cinque poliziotti nella notte tra l’1 e il 2 aprile del 2009, non appena ha iniziato a capire che gli agenti erano stati condannati, si è sentita mancare la terra sotto i piedi ed è svenuta, sorretta dai figli e dai loro amici. E quando ha riaperto gli occhi – non avendo nemmeno sentito che sia lei, che il marito Walter De Michiel, che i figli erano stati assolti – ha iniziato a piangere: «Non ci credo, non ci credo».
Dopo un’indagine durata anni, un processo lungo e complicato e una requisitoria del pm Massimo Michelozzi che, di fatto, aveva sminuito le responsabilità di entrambe le parti, ieri la sentenza del giudice ha dato una versione diversa: quella notte, in fondamenta dei Cereri a Venezia, a due passi da campo Santa Margherita e dalla sua «movida», c’è stato un «pestaggio» senza giustificazioni. Solo così, in attesa delle motivazioni, si può leggere una sentenza che ha comminato oltre 13 anni di pene a quattro poliziotti, «salvandone» uno solo grazie alla prescrizione. Prescrizione che, in realtà, cancellerà anche le condanne di ieri, visto che il 2 gennaio prossimo saranno scaduti gli 8 anni e 9 mesi previsti per questi reati.
Il giudice ha condannato quattro agenti delle volanti veneziane intervenuti quella sera: 3 anni e mezzo a Guerino Paolilli, 3 anni e 3 mesi a Roberto Bressan (che era il caposquadra), Marco Cristiano e Raffaele Boccia. Tutti erano accusati di lesioni perché, intervenuti dopo essere stati chiamati da alcuni residenti che avevano sentito i fratelli litigare a squarciagola (Tommaso, aveva un tasso alcolico alto), avevano chiesto i documenti per identificarli e, di fronte alla loro reazione, li avevano colpiti con calci e pugni, tanto da causare a Tommaso un trauma al testicolo e due costole rotte. Il pm aveva chiesto la condanna solo per Paolilli, per il calcio nei testicoli, a 6 mesi grazie alle attenuanti; per gli altri aveva chiesto l’assoluzione, ritenendo che si fosse trattato di una colluttazione, vista l’aggressività dei due fratelli, e dicendo che eventuali colpi «proibiti» fossero frutto di un eccesso colposo di legittima difesa, prescritto. Una volta caricati in barca i due fratelli erano poi stati portati in Questura e lì lo stesso Cristiano e un altro agente, Andrea Patisso, avrebbero commesso altre violenze (il primo ha schiacciato con un piede la testa di Tommaso, l’altro ha tirato due calci negli stinchi a Nicolò), episodi però dichiarati prescritti. Sono stati inoltre condannati a pagare 20 mila euro di provvisionale a Tommaso (il resto sarà oggetto di una causa civile) e 4 mila a Nicolò.
Il giudice ha invece assolto i due ragazzi, accusati di resistenza e lesioni, perché «il fatto non costituisce reato», così come il padre poliziotto dall’accusa di diffamazione per aver preso le distanze dai colleghi in una manifestazione pubblica di pochi giorni dopo. Caduta anche l’accusa di minacce per la madre, mentre le ingiurie non sono più reato. «E’ un giorno di festa, questa sentenza conferma quello che abbiamo denunciato per otto anni - spiegano i due fratelli, affiancati dal loro avvocato Federico Guerriero, visibilmente soddisfatto - Dicevano che eravamo scivolati in barca, ma le loro versioni sono state contraddittorie. Abbiamo solo il rammarico che questa sentenza sarà cancellata dalla prescrizione, ma questi purtroppo sono i tempi della giustizia». Il pensiero va al padre che è lì vicino, che ha lasciato la Polizia per andare in pensione. «Sono stati anni difficili per noi, ma soprattutto per lui, che è stato marginalizzato nonostante abbia sempre avuto un comportamento lodevole. Qualcuno dovrebbe forse chiedergli scusa». Agli agenti arriva invece la solidarietà dell’Ugl Polizia. «E’ sempre più difficile lavorare senza norme adeguate per tutelare le forze dell’ordine durante il compimento del proprio dovere - spiega il sindacato - E’ ancora possibile poter continuare a lavorare per sedare risse o liti senza avere con noi pistola elettrica taser al fine di scongiurare il corpo a corpo?».